Il raìs della morte se ne frega, ma vuole morire davanti a un plotone d'esecuzione come un vero condottiero. A rivelarlo è l'avvocato di Saddam Hussein, Issam Ghazzawi, in un'intervista al Washington Time. L'intervista ricostruisce il colloquio avvenuto il 7 dicembre scorso nei sotterranei del tribunale di Bagdad alla presenza anche di Ramsey Clark, l'ex ministro della Giustizia statunitense che partecipa alla difesa del deposto dittatore. «Di questa vita non m'importa molto, il momento d'andarsene arriva per ogni essere umano», ha detto Saddam aggiungendo che la sua condanna è stata già decisa.
«Ovviamente non sono assolutamente colpevole, ma mi vogliono morto», ha specificato il raìs, sottolineando di non aver paura. «Minacciarmi di morte non ha nessun significato, non c'è cosa che mi preoccupi meno, la vita di qualunque iracheno vale quanto la mia», ha ripetuto l'uomo accusato di aver mandato a morte centinaia di migliaia di connazionali. Quel che veramente importa a Saddam è invece il modo in cui potrebbe esser messo a morte. «Sono un capo di stato maggiore, comandavo il mio esercito e per questo preferisco che ad eseguire la condanna sia un plotone d'esecuzione», ha detto il raìs quando Clark e Ghazzawi gli hanno prospettato la possibilità di una sentenza capitale al termine del processo per il massacro nel 1982 di 140 abitanti di un villaggio sciita.
Clark, pur confermando il colloquio di cinque ore, ha detto di non aver afferrato per problemi di traduzione il passaggio in cui l'ex raìs parlava del plotone d'esecuzione. Nel corso della conversazione, Saddam Hussein ha anche elogiato il ruolo della guerriglia irachena dimostratasi capace di bloccare il «nuovo ordine mondiale progettato dagli Stati Uniti».
«Ci hanno provato in Irak e hanno fallito - ha spiegato Saddam ai due avvocati -, resistendo in questo modo proteggiamo le altre regioni del mondo. D'ora in poi gli americani ci penseranno mille volte prima di lanciare un attacco contro un altro Paese». L'ex dittatore si è anche detto convinto che l'occupazione non durerà a lungo. «Gli americani voleranno fuori dal Paese e i loro alleati fantocci se ne andranno anche prima».
Mentre il raìs pensa alla sentenza di morte, il suo vice primo ministro iracheno Tareq Aziz sembra esser stato incriminato soltanto per sperpero di fondi pubblici. Secondo il suo avvocato, il tribunale speciale di Bagdad avrebbe infatti archiviato per mancanza di prove le accuse di omicidio di massa e di violazione dei diritti umani. Intanto a Bagdad la guerriglia ha rapito la sorella del ministro degli Interni, Bayan Jabr.
A Tikrit, città natale di Saddam, un raid aereo americano avrebbe invece sterminato una famiglia di 14 persone. L'errore è stato ammesso da un portavoce delle forze di sicurezza irachene mentre i portavoce militari americani non hanno voluto commentare la notizia.
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