Il saggio Di filosofia non si vive, ma di certo si muore

La filosofia servirebbe a spiegare la vita. Ma, come spesso accade, basta dire «vita» per evocare anche la sua inevitabile nemesi: la morte. Così i sapienti e i cercatori di verità, tutti presi dall’esistenza, finiscono, comunque, per inciampare anche nella sua antitesi, la non esistenza. Ecco allora un saggio come quello di Simon Critchley, Il libro dei filosofi morti (Garzanti, pagg. 316, euro 20, trad. F. Conte) che ci racconta il recto del pensiero filosofico partendo dal verso. Sfogliandolo si trova qualsivoglia curiosità sulla morte dei grandi del pensiero, sulle loro ultime frasi o sul loro scervellarsi a proposito del Viaggio senza ritorno. Insomma Critchley, che insegna filosofia alla New School for Social Research di New York, ha fatto tesoro di quell’idea di Montaigne: «Se fossi un facitore di libri, farei un registro commentato delle diverse morti. Chi insegnasse agli uomini a morire, insegnerebbe loro a vivere». E al di là delle curiosità o delle leggende antiche, come quella del cinico Cratete di Tebe che prima di morire canticchiava: «Caro il mio gobbo alla casa dell’Ade stai andando, tutto storto per l’età ti stai avviando», la parte più interessante è quella relativa alla riflessione sulla mortalità dei cervelloni moderni e contemporanei, o semplicemente agli eventi che hanno preceduto la loro morte. Qualche esempio. Schopenhauer pensava che l’unico tipo di suicidio ammissibile fosse il lasciarsi morire di fame («la negazione totale della coscienza temporale è la morte volontaria per inedia») ma morì di malattia su una sedia nel suo appartamento. Simone Weil, invece, morì proprio a causa delle conseguenze di un digiuno volontario ma l’ultimo appunto che scrisse era relativo all’importanza dei dolci natalizi nel creare il clima della festa.

E va detto, a merito di Chritchley, che oltre a raccontare le morti o le quasi morti altrui (era lì quando Gadamer fece uno spettacolare volo dalle scale, salvandosi), non si è escluso dall’elenco. Nella sua voce, brevissima, ha scritto: «Exit. Inseguito da orso». Noi onestamente gli augureremmo di no, ma de gustibus philosophorum...

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