Nella città multicolore ogni piazza che abbia valore e significati tende ad essere trasformata in suk chiassoso o in auditorio a cielo aperto, con le facciate di chiese e palazzi irripetibili che riflettono elettroniche code musicali. È lomologazione di ogni memoria e di ogni suggestione nel disordine di una fruizione brutale, grazie alla quale tutti i luoghi si somigliano e si snaturano. Piazza Duomo può essere abbandonata a questo destino? Vittorio Sgarbi, anarchico di potere, non si rassegna e solleva un caso. Il Duomo, dice, va salvato dalla banalizzazione, perché il bello va tutelato. E il Duomo non è solamente bello, è il segno di unidentità che la metropoli di oggi non può avvilire. Soltanto una città che abbia consapevolezza della sua unicità può aprirsi agli altri. Il Duomo è memoria pietrificata eppure viva e va difeso, ad oltranza, perché possa continuare a suscitare emozioni e riflessioni, facendo pesare a chi lo guardi gli incanti della sua vista e lo spessore della sua storia. Davanti al Duomo si dovrebbe parlare a voce bassa, come davanti a tutti i grandi monumenti di ogni parte del mondo che esprimono fede e sogni. A maggior ragione vanno proibite le metalliche sonorità dei concerti. Allora, lo iberniamo sotto una campana di silenzio e di isolamento? No, il Duomo è vivo, è stato fatto per gli uomini, oltre che per la gloria del Dio dei credenti, ma un galateo simpone. Anche per rispettare chi si avvicina a questo tempio straordinario con soggezione.
Ma il Duomo, si dice, è in una piazza che ha anche un grande valore civile, che è una agorà. E Ignazio La Russa chiede che la politica non venga tenuta lontana da quel luogo, che ha visto tanti comizi con straordinario concorso di cittadini.
Il sagrato trasformato in un suk
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