Sala: «Candidato? Ci penso» Ma il Pd impone le primarie

Il commissario Expo rimanda ad agosto la scelta I partiti però vogliono l'investitura degli elettori

I libri non fanno bene alla sinistra. Quello del sindaco, Giuliano Pisapia, ha provocato clamorosi risentimenti anche dentro la giunta. Ma non è servito da monito per uno degli assessori, Franco D'Alfonso, che insieme al primo cittadino ha presentato il suo «Il partito della città». Un giudizio sferzante sul gruppo di Sel ha suscitato le risposte piccate e divertite dei consiglieri comunali vendoliani. Secondo l'assessore, gli esponenti di Sel non si sono resi conto di essere in maggioranza. E loro, per tutta risposta, hanno stroncato l'opera politico letteraria di D'Alfonso: «Un raro esempio di surrealismo comico politico», ha scritto Mirko Mazzali, definendo «ingenerose» le valutazioni dell'assessore: «Semmai - ha aggiunto snocciolando i dati sulle presenze in Consiglio e i voti favorevoli - l'accusa che ci può essere mossa è di essere stati fin troppo leali».

Ma al di là delle scaramucce, è chiaro che a parere di chi sta a sinistra l'area di D'Alfonso ha un obiettivo: enfatizzare il «partito della città» e marginalizzare i partiti. L'approdo di questa impostazione sarebbe un esperimento tutto civico con elementi di sinistra e anche moderati. Per questo l'assessore descrive l'operazione degli arancioni come una nuova epopea del riformismo ambrosiamo, facendo peraltro sobbalzare su questo fronte un socialista doc come Roberto Caputo, candidato alle primarie: «Mi pare un azzardo da ogni punto di vista - dice l'outsider Pd - questo movimento civico è degnissimo ma non mi pare che con Pisapia abbia lasciato un'eredità paragonabile a quella di Caldara».

E non è un caso se anche lo stesso Pisapia ha preso le distanze dalle parole di D'Alfonso. Ciò che manca, in ogni caso, non è solo un Caldara, ma anche un nuovo Pisapia. E qui si apre un'altra questione. Gli uomini in campo per il Pd, Emanuele Fiano e Pierfrancesco Majorino, appaiono deboli a molti. E il segretario Matteo Renzi si trova alle prese con il solita difficoltà che incontra nei territori: non potendosi «clonare», manca un renziano forte. Un candidato «renziano», sui generis, sarebbe il commissario dell'Expo, Giuseppe Sala, che non fa mistero di aver ricevuto dal Pd la proposta di scendere in campo. E non fa mistero di essere, con tutte le riserve del caso, abbastanza interessato. «Non penso che mi candiderò a fare il sindaco di Milano - ha detto ieri - In ogni caso, mi tengo del tempo fino ad agosto per riflettere». Probabile che voglia ancora vedere «l'effetto che fa» il suo Expo. O anche capire se il suo nome riscuote consensi. È prevedibile che, se Sala volesse impegnarsi con la benedizione di Renzi, il grosso del Pd non potrebbe che sostenerlo. Convintamente. Ma ciò non significa che potrebbe saltare a piè pari le primarie. Ieri la «Repubblica» ha accreditato l'idea di un ticket Sala-Majorino, due nomi complementari per pezzi diversi di città. Ma che qualcuno possa fare a meno delle primarie, a meno che non ci sia un consenso generale e unanime, oggi appare abbastanza improbabile.

E anche Majorino, sull'ipotesi, pare piuttosto scettico: «Mi pare un pò fantascientifica, oggi - ha detto - Io sono convinto che l'importante adesso sia definire bene le primarie e quando si faranno». E proprio sulla data va in scena un'altra disputa, con i candidati che hanno fretta mentre il Pd e Pisapia vogliono farle a gennaio.

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