Cronaca locale

Sala usa pure il 25 aprile per attaccare ancora Meloni

Sul palco rivendica Mattei e in piazza alza lo scontro: "Ho letto, ma è davvero così difficile dirsi antifascista?"

Sala usa pure il 25 aprile per attaccare ancora Meloni

Un attacco prima del corteo e uno al termine del suo discorso sul palco della manifestazione nazionale per la Liberazione: il sindaco Beppe Sala non perde occasione per sfidare al premier Giorgia Meloni. Questa volta tocca al suo intervento pubblicato sul Corriere della Sera con a tema la Resistenza. «Il frutto fondamentale del 25 aprile è stato e rimane senza dubbio l'affermazione dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato e che ritroviamo scolpiti nella Costituzione repubblicana» scrive la premier. Ma a qualcuno non basta. E nemmeno al sindaco Sala: «Parlo con rispetto della presidente Giorgia Meloni, però anche oggi la lettera cosa aggiunge? Cosa cambia rispetto a quello che abbiamo sempre sentito dire? Assolutamente nulla. Invece camminare in mezzo alla gente è qualcosa che fortifica la comunità e abbiamo bisogno di fare proprio questo». Nel suo discorso dal palco, con voce stentorea, il sindaco poi ricorda come Milano sia «una città profondamente antifascista. Nell'attuale situazione c'è il rischio di un'omissione di quella che è stata la nostra storia. È un rischio che vediamo ogni giorno. Questa continua rimozione dell'ignominia del fascismo in Italia non sta bene a me, a noi, a Milano!».

Nel suo accorato intervento, Sala cita poi la visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ad Auschwitz: «Ho visto il suo sguardo, duro e commosso al tempo stesso e ho sentito le sue parole, dure e commosse. La Repubblica è nata con la Resistenza. Questo grande uomo e grandissimo padre per noi ha ristabilito la storia». E ricorda Enrico Mattei: «Nei giorni successivi alla Liberazione, da questo palco, parlò un grande partigiano che spesso affiora nei discorsi di chi oggi è al governo: Enrico Mattei, antifascista e progettista della modernità che accese il futuro. Da questo palco spiegò come portare il 25 aprile nel futuro: si deve essere volontari della libertà e ribelli per amore. E noi faremo di tutto per essere all'altezza di queste parole».

Sceso dal palco, non ancora soddisfatto, ha rincarato la dose contro il premier: «Certe cose se si sentono bisogna dirle ad alta voce, mettendoci la faccia. Meloni in alcune occasioni pubblicamente ha mostrato una faccia decisa, ha urlato certe parole e certi slogan e quello che dovrebbe fare è mettere la faccia e dire con chiarezza e in maniera definitiva siamo antifascisti. Però se gli esponenti del governo sono così, io credo sia anche inutile continuare con questo balletto».

Un aspetto che, invece, Elly Schlein segretaria del Pd, non ha voluto commentare: «Oggi siamo qui a onorare la Resistenza». Anche il presidente dell'Anpi provinciale Milano, Roberto Cenati, ha indirizzato dure frecciate alle dichiarazioni di questi giorni: «Stiamo assistendo a una inquietante rimozione dell'ignominia del fascismo. I nazisti non erano semplici pensionati che percorrevano le vie del nostro Paese, ma responsabili con l'indispensabile supporto di repubblichini di Salò di eccidi, di stragi della popolazione civile, di deportazioni nei lager e nei campi di sterminio di ebrei, oppositori politici, lavoratori, militari italiani», ha concluso, riferendosi alle parole del presidente del Senato Ignazio La Russa su via Rasella. Così i camioncini di Unione popolare e Rifondazione comunista sono tappezzati da manifesti con il volto del presidente del Senato e la scritta «La Russa dimettiti!».

Poi l'invito a firmare una petizione per le parole sui fatti di Via Rasella. «Sorprende sentir dire ancora oggi che il fascismo abbia anche fatto cose meritevoli. No. Non ha fatto nulla di meritevole - continua Cenati - Il fascismo è stato volontà di dominio e di conquista, esaltazione della violenza, retorica bellicistica, sopraffazione e autoritarismo, persecuzione ed eliminazione degli oppositori politici, supremazia razziale. Le abominevoli leggi anti ebraiche del 1938, di cui quest'anno ricorre l'85esimo anniversario, sono state anch'esse la diretta conseguenza dell'ideologia razzista e perversa del fascismo». «Persino Fini e Berlusconi prendono le distanze da chi si rifiuta di pronunciare la parola antifascismo - attacca il presidente nazionale dell'Anpi Gianfranco Pagliarulo, parlando in piazza Duomo - Eppure ho letto e riletto l'articolo della Meloni.

Quella parola non c'è».

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