«Il salario garantito a tutti? Idea bizzarra a spese nostre»

«Un salario di intermittenza? (Ride di cuore, ndr) E che cos’è un salario di intermittenza?». È la proposta del nuovo assessore al Lavoro del Comune di Milano, Cristina Tajani, uno dei volti nuovi della squadra del sindaco Giuliano Pisapia. L’assessore ha annunciato che vuol garantire un reddito minimo a chi perde lavoro. «E chi pagherebbe? Questa signorina?». «No, professor Martino, pagheremmo noi contribuenti, pagherebbero i milanesi, molto probabilmente con un aumento dell’Irpef, o con nuove tasse». «Ah, allora è sempre la stessa storia. Questi vogliono fare del bene con i soldi degli altri. Dica alla signora assessore che io non le do una lira».
Il punto di vista di Antonio Martino, da economista liberale, è una garanzia. Basta il nome. Il padre, Gaetano, è stato ministro degli Esteri ed esponente di prestigio del Partito liberale italiano. Lui, tessera numero 2 e «ideologo» di Forza Italia, due volte ministro (degli Esteri nel primo governo Berlusconi e della Difesa nel secondo) e come accademico ordinario di Economia e preside di Scienze politiche alla Luiss di Roma. Ed è considerato il miglior interprete italiano della scuola di Chicago, allievo del mai rinnegato Milton Friedman.
Professore, non vede niente di nuovo nella proposta milanese? Lei non ci crede insomma?
«Quando qualcuno percepisce un reddito che non ha prodotto...».
Non esistono pasti gratis, come dicono i liberali...
«Certo, non esistono pasti gratis. Se vogliono dare 5-600 euro al mese a qualcuno che non li produce, li prenderanno dalle tasche di qualcun altro».
Comunque, anche ammesso che trovino la copertura, non è un modo inefficiente di impiegare le risorse? Non è provato che si tratta di un disincentivo?
«Se io mi abituo al fatto che lo Stato provvede al mio futuro io divento imprevidente, e aspetto. Lo Stato fa cose che non lo riguardano, ma così facendo spiazza la previdenza privata».
Ma non si può mai ammettere un sussidio del genere?
«Lo Stato non deve sostituirsi alle persone, deve fare qualcosa per chi si trova a disagio senza sua colpa, ma già potremmo discutere sul concetto di disagio e di colpa».
In che senso?
«Se io costruisco casa sulle pendici di un vulcano, ho diritto di chiedere dei soldi pubblici per ricostruirla dopo un’eruzione?».
Direi di no, ma nel caso del lavoro?
«Perdere il lavoro è triste, ma la precarietà è tipica di questo mondo, solo le tasse e le morte sono certe.

Se qualcuno mi offre soldi quando perdo il lavoro che interesse ho a lavorare bene per non essere licenziato? Non solo, ma se è la previdenza “pubblica” a prendersi cura di me perché dovrei mettere da parte dei soldi per quando sono temporaneamente disoccupato?».

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