Fecondazione eterologa in Italia ma non ci sono donatrici e donatori

Il ricorso a banche straniere, in particolare a quelle spagnole

Da settembre 2014, è possibile effettuare la fecondazione in vitro eterologa anche in Italia, mentre permane il divieto della fecondazione in vitro a donne single e a coppie omosessuali. È invece possibile anche l'embriodonazione, purché sia effettuata con ovociti e spermatozoi donati e non con embrioni già precostituiti e appartenenti ad altre coppie. Nonostante l'assenza del divieto dell'eterologa, oggi, di fatto, in Italia, non abbiamo donatrici e donatori. Pertanto, per poter realizzare questa tecnica, si deve ricorrere a banche straniere, principalmente spagnole, in grado di fornire sia spermatozoi sia ovociti congelati. Questi ultimi, con una tecnica che si chiama vitrificazione, in grado di assicurare le capacità di sopravvivenza allo scongelamento (80/90%). È però importante avere a disposizione almeno 8/10 ovociti. Le percentuali di successo dell'ovodonazione con ovociti congelati è sovrapponibile a quella con ovociti freschi quando si utilizzano almeno 10 ovociti.

Questo numero, inoltre, assicura anche la possibilità di avere embrioni sovrannumerari da congelare nel caso in cui si voglia un altro figlio o si abbia un fallimento. Un alto numero di ovociti consente più facilmente il trasferimento di un singolo embrione a livello di blastocisti. Non va dimenticato che le donne che si rivolgono all'ovodonazione hanno, spesso, un'età superiore ai 45 anni, con crescita del rischio ostetrico; pertanto le gravidanze gemellari potrebbero rappresentare un ulteriore rischio. Per aumentare le percentuali di impianto della singola blastocisti può essere effettuata, anche nei casi di ovodonazione, la diagnosi genetica preimpianto. La percentuale di embrioni non sani geneticamente, anche nei programmi di ovodonazione in cui la donna ha generalmente un'età inferiore ai 30 anni, può arrivare fino al 50%. La procedura di congelamento ovocitario mediante vitrificazione non produce un aumento delle alterazioni genetiche ovocitarie, ma questo può, piuttosto, dipendere dal tipo di stimolazione a cui vengono sottoposte le donatrici, possibile anche nella donazione a fresco.

E a proposito della sicurezza della donatrice e dei possibili impatti sulla salute del nascituro? Come spiega il professor Ermanno Greco: «Tutte le donatrici vengono sottoposte agli esami infettivi obbligatori per la fecondazione artificiale, a molteplici test genetici che riguardano, oltre al cariotipo, circa 20-30 patologie genetiche. Oggi, si ha a disposizione un test, cosiddetto, di matching genetico, che consiste nell'ampliare il pannello di ricerca di mutazioni fino a circa 300, per essere ancora più sicuri che chi dona e chi riceve non siano entrambi portatori della stessa mutazione genetica, trasmissibile pertanto alla prole.

Dopo circa 550 procedure effettuate allo European Hospital - Casa di Cura Villa Mafalda di Roma, le percentuali di gravidanza sono circa del 60% e quelli di bambini nati di circa il 50%. Percentuali di successo che non giustificano più migrazioni all'estero, se non in casi specifici».

VP

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