Insonnia, ecco i meccanismi cerebrali che tengono svegli

L'insonnia colpisce più della metà della popolazione al di sopra dei 65 anni: uno studio americano ha scoperto i meccanismi che portano alla riduzione e qualità del sonno notturno, ecco quali

Insonnia, ecco i meccanismi cerebrali che tengono svegli

Dormire poco fa invecchiare male, non importa quale sia l'età. Molto spesso, i pensieri che si rincorrono nella testa rendono difficile dormire bene la notte e la mattina ci si alza più stanchi di quando si è andati a dormire. Ma non dipende soltanto da cosa ci accade nella vita quotidiana: è l'insonnia, una condizione che diventa più frequente con il trascorrere dell'età e l'ultimo studio in ordine di tempo ha provato a scoprirne e analizzarne le cause.

Cosa succede al sonno

Un team di ricercatori americani ha approfondito i meccanismi cerebrali che regolano sonno e veglia. Dall'osservazione sui pazienti, è emerso che i circuiti coinvolti tendono a degradarsi con il passare degli anni. Secondo quanto pubblicato dalla rivista Science, la Stanford University ha stimato in una percentuale maggiore del 50% gli over 65 colpiti da insonnia. Ma quali sono le cause che portano a una riduzione e qualità del sonno notturno? Dipenderebbe dalle ipocretine, neurotrasmettitori importanti nella regolazione del ritmo sonno-veglia e dell'appetito e sostanze chimiche prodotte da alcuni neuroni dell'ipotalamo.

Le cause dell'insonnia

Il team ha selezionato topi giovani (da tre a cinque mesi) e vecchi (da 18 a 22 mesi) e utilizzato la luce trasportata dalle fibre per stimolare neuroni specifici con le tecniche di imaging: i topi più anziani avevano perso circa il 38% di ipocretine rispetto ai quelli più giovani. Non solo, ma è stato scoperto anche che le ipocretine rimaste nei topi più anziani erano più eccitabili e facilmente attivabili, rendendo gli animali più inclini al risveglio. Insomma, un sonno cattivo sarebbe dovuto biologicamente al deterioramento di questi neurotrasmettitori ma non è tutto perché questo meccanismo potrebbe essere dovuto al deterioramento nel tempo dei "canali del potassio", interruttori biologici di accensione e spegnimento critici per le funzioni di molti tipi di cellule.

Cosa succede se si dorme poco

"I neuroni tendono ad essere più attivi e si attivano di più, e se si attivano di più, ti svegli più frequentemente", ha affermato a France24 Luis de Lecea, professore della Stanford University e coautore dello studio pubblicato su Science. La ricerca ha dimostrato che la privazione del sonno è collegata a un aumento del rischio di molteplici esiti negativi per la salute: dall'ipertensione agli attacchi di cuore, dal diabete alla depressione e all'accumulo di placca cerebrale legata all'Alzheimer. L'insonnia viene spesso trattata con una classe di farmaci noti come ipnotici, tra cui l'Ambien, ma non sempre funzionano bene nella popolazione anziana. "L'identificazione del percorso specifico responsabile della perdita di sonno potrebbe portare a farmaci migliori", hanno affermato Laura Jacobson e Daniel Hoyer, del Florey Institute of Neuroscience and Mental Health australiano in un commento correlato alla ricerca.

Gli attuali trattamenti con gli ipnotici "possono indurre disturbi cognitivi e cadute" e le medicine che prendono di mira il canale specifico "potrebbero funzionare meglio", sottolineano le ricercatrici.

Nuove medicine, però, dovranno essere testate in studi clinici ma un farmaco già esistente e conosciuto come retigabina, attualmente utilizzato per trattare l'epilessia e che mira a un percorso simile, potrebbe essere promettente per combattere la patologia.

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