Leucemia linfatica cronica, da AstraZeneca il nuovo farmaco per il trattamento

Con l'ok dell'Aifa, ora il nuovo medicinale di AstraZeneca punta a cambiare completamente l'approccio terapeutico alla patologia

Leucemia linfatica cronica, da AstraZeneca il nuovo farmaco per il trattamento

Un farmaco in grado di migliorare la qualità della vita di chi soffre di leucemia linfatica cronica. Stiamo parlando di acalabrutinib, medicinale da oggi disponibile anche in Italia per il trattamento della patologia.

Per il trattamento della neoplasia del sangue, sia nell’eventualità di nuova diagnosi che in caso di recidivati refrattari, l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ne ha approvato la piena rimborsabilità. La notizia è stata diffusa oggi nel corso della conferenza stampa di AstraZeneca, tenutasi a Milano, nella quale si è discusso della leucemia linfatica cronica sotto i più importanti punti di vista, dai sintomi all’approccio terapeutico che, con acalabrutinib cambia completamente volto.

Leucemia linfatica cronica, una malattia dai mille volti

La leucemia linfatica cronica si presenta con sintomi caratteristici quali anemia, ingrossamento dei linfonodi, febbricola, stanchezza, perdita di peso involontaria e sudorazione notturna. Agli esami specialistici, appare evidente un accumulo di linfociti B nel sangue periferico, midollo osseo e organi linfatici quali fegato, milza e linfonodi.

Si tratta della forma più comune tra gli adulti, con il 30% delle diagnosi sul totale nel mondo occidentale. Sono circa 3400 i nuovi casi registrati ogni anno solamente in Italia.

Acalabrutinib, i risultati degli studi

A far propendere Aifa per la decisione sono stati i risultati degli studi clinici Elevate Tn e Ascend. A 4 anni dallo studio di fase III Elevate Tn, al quale hanno partecipato 535 pazienti di nuova diagnosi, i dati hanno dimostrato come il trattamento con il farmaco abbia ridotto di oltre l’80% il rischio di progressione della malattia o di morte rispetto alla chemio-immunoterapia standard. A questo, poi, si sono aggiunte le informazioni rilevate dallo studio registrativo di fase III Ascend, basato su 310 pazienti con patologia cronica recidivata o refrattaria: acalabrutinib è riuscito a ridurre il rischio di progressione e morte del 69%, rispetto al braccio di controllo. Numeri, questi, che fanno ben sperare per il futuro.

Acalabrutinib, come cambia l'approccio terapeutico

Come spiegato da Paolo Ghia, Direttore del Programma di Ricerca Strategica sulla Leucemia Linfatica Cronica all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università Vita-Salute San Raffaele, l’utilizzo del farmaco può portare a molteplici vantaggi, anche al di fuori del trattamento vero e proprio della malattia, soprattutto nelle fasce di età più avanzate: «La leucemia linfatica cronica può avere un impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti, che sono spesso anziani over 70, colpiti anche da altre patologie. È importante avere a disposizione nuove opzioni terapeutiche come acalabrutinib, in grado di controllare la malattia a lungo termine e di migliorare la qualità di vita. Studi clinici internazionali hanno evidenziato l’elevata efficacia e tollerabilità di acalabrutinib».

«L’efficacia di acalabrutinib è stata dimostrata in termini di sopravvivenza libera da progressione in tutti i sottogruppi di pazienti, anche in quelli con le caratteristiche genetiche più sfavorevoli – ha aggiunto il prof. Ghia, anche Principal Investigator negli studi Elevate Tn ed Ascend al San Raffaele di Milano -. Inoltre la migliore tollerabilità di acalabrutinib consente di mantenere il paziente in terapia a lungo termine e controllare al meglio la malattia. Questo risultato viene evidenziato in particolare da un altro studio, di confronto con l’attuale terapia disponibile ibrutinib, condotto su 533 pazienti con leucemia linfatica cronica recidivati refrattari ad alto rischio. Acalabrutinib ha dimostrato di avere pari efficacia, a fronte di un’incidenza inferiore di molti eventi avversi correlati a questa classe di farmaci, tra cui la fibrillazione atriale (9,4% con acalabrutinib rispetto al 16% con ibrutinib). La fibrillazione atriale è un’aritmia cardiaca che aumenta il rischio di morte secondaria a ictus e complicanze cardiache, particolarmente pericolose in pazienti fragili affetti da leucemia linfatica cronica».

Per Antonio Cuomo, Direttore Unità Operativa Ematologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, ha sottolineato come questa particolare leucemia possa presentarsi con sintomi ed effetti differenti: «Acalabrutinib appartiene alla classe degli inibitori di BTK, che ha rivoluzionato il trattamento della leucemia linfatica cronica. In questi anni, grazie alle nuove terapie, è migliorata la sopravvivenza in tutti i pazienti, e questo risultato è particolarmente evidente in quelli che presentano lesioni genetiche sfavorevoli, che li rendono poco responsivi alla chemio-immunoterapia standard. La leucemia linfatica cronica spesso viene diagnosticata in seguito ai risultati di esami del sangue di routine o eseguiti per altre ragioni, perché ad esempio si notano linfonodi ingrossati nel collo, nelle ascelle o all’inguine. La conta dei globuli bianchi può essere elevata, anche in assenza di sintomi specifici. Siamo di fronte a una patologia molto eterogenea e molti pazienti presentano una malattia non attiva, senza sintomi, che consente di condurre una vita assolutamente normale. Solo in una minoranza dei casi, è necessario un intervento terapeutico immediato».

«Nei pazienti asintomatici allo stadio iniziale - ha specificato il prof. Cuomo -,non viene messa in atto una terapia farmacologica, ma il cosiddetto approccio ‘watch and wait’, cioè ‘osserva e attendi’, caratterizzato da attento monitoraggio dei parametri clinici e laboratoristici, finché la malattia non diviene sintomatica o progredisce. Solo in questo caso si procede all’avvio della terapia farmacologica. Con l’insorgenza dei sintomi, inoltre, la malattia può causare un impatto negativo sulla qualità di vita. Altri aspetti da considerare, oltre alla sintomatologia, sono le conseguenze emotive, sociali e funzionali del convivere con una patologia cronica. Inoltre, l’età dei pazienti alla diagnosi è circa di 70 anni, la leucemia linfatica cronica si inserisce quindi in un quadro clinico dove è probabile che siano già presenti altri problemi di salute. Da qui l’importanza dell’approvazione di acalabrutinib, che può cambiare lo standard di cura grazie a un meccanismo d’azione potente e altamente selettivo». Infatti, attraverso la somministrazione orale di tale classe di farmaci, riduce nettamente la frequenza degli accessi nelle strutture ospedaliere delle persone tratte, a differenza di quanto accade con la tradizionale chemio-immunoterapia. Un aspetto estremamente positivo e vantaggioso, in particolare in un periodo storico come quello attuale in cui si punta a limitare il rischio di infezione da Covid-19.

Paola Morosini, Medical Affairs Head Oncology AstraZeneca, si è mostrata soddisfatta dei risultati ottenuti dal farmaco contro tale terribile malattia, ribadendo inoltre l’impegno nel tempo dell’azienda nel trattamento di molteplici condizioni tumorali: «Siamo orgogliosi che, a seguito delle valutazioni di AIFA, la Ricerca AstraZeneca metta a disposizione della comunità scientifica e quindi dei pazienti una nuova opzione terapeutica per combattere la leucemia linfatica cronica. Lavoriamo ogni giorno per rendere disponibili trattamenti sempre più mirati, efficaci e con il miglior profilo di tollerabilità possibile. La qualità di vita di chi combatte con la malattia è una priorità per la Ricerca AstraZeneca. Acalabrutinib è una molecola di nuova generazione, che nasce da anni di ricerca.

Il nostro ampio programma di sviluppo comprende oltre 25 studi clinici riguardanti monoterapie e terapie di combinazione su diverse forme di tumori ematologici delle cellule B. Il nostro obiettivo è contribuire a migliorare il percorso di cura di pazienti affetti da neoplasie ematologiche, divenendo punto di riferimento in quest’area terapeutica».

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