Salva la cicala greca, ma ora non vogliamo pagare due volte

La Grecia, per ora, è salva con i nostri soldi. Il costo dell’operazione non è più di 40 miliardi, ma di 120. Quindi il contributo italiano sarà non sarà di 5,5 miliardi ma di circa 15. Un punto del nostro Pil va in Grecia «per la causa comune». Questa consiste nel fatto che il governo greco si è indebitato sino al collo, in particolare con le banche tedesche e francesi, per un importo complessivo che, strana coincidenza, per l’area euro è intorno a 120 miliardi. Insomma, siamo noi che garantiamo a tali banche, il pagamento dei loro crediti alla Grecia. La Germania che non voleva pagare neppure la sua quota dei 40 miliardi, si è piegata a fornire un primo contribuito a questo nuovo mega prestito, sotto la minaccia di una crisi di grandi banche e del passaggio al Portogallo della sfiducia dei mercati nel debito degli stati deboli.
In cambio la Grecia sottostà a clausole severe. Fra queste ne emergono tre, sul lato delle spese, che fanno capire quale era l’andazzo in Grecia, prima di questa crisi. Primo. L’età media per le pensioni deve passare dai 53 anni attuali a 67. Secondo. I pubblici dipendenti debbono rinunciare alle 14 mensilità, di cui una a Natale e una a Pasqua. Terzo: i pensionati non avranno più il bonus aggiuntivo alla pensione. C’è anche un aumento di tre punti dell’Iva, la eliminazione di enti inutili (ci si augura che loro, con i controlli tedeschi, ci riescano, noi non ci siamo ancora riusciti) e la apertura di 80 professioni nelle quali sino ad ora c’era l’albo chiuso. La pressione fiscale greca prima della crisi era solo il 37 per cento del Pil, nonostante che i dipendenti pubblici ricevessero 14 mensilità, si andasse in pensione a 53 anni e i pensionati avessero, oltre alla pensione, un bonus variabile. Ovvio un grosso deficit: da noi la pressione fiscale è il 43% del Pil, in Germania di poco meno, in Francia un po’ più che da noi. Le formiche sono state chiamate in aiuto della cicala. E lo devono dare perché in casa loro le banche hanno fatto crediti eccessivi alle cicale.
Il Portogallo, preoccupato di fare la fine della Grecia, cioè di dover prendere misure di austerità imposte dagli altri, in cambio di prestiti erogati a dure condizioni, comincia a mettere ordine nella sua situazione. Il punto cruciale per il Portogallo è che ha un deficit nella bilancia con l’estero dei beni e servizi e degli interessi passivi, pari al 9 per cento del Pil, ripianato mediante crediti esteri. Deve cercare di essere più competitivo, consumando di meno e lavorando di più e con più efficienza. Ma anche la Grecia ha un buco nella sua bilancia con l’estero di entità simile anche se minore di quella portoghese. Anche essa dovrà essere più competitiva, lavorando di più, con più efficienza e consumando di meno.
Non avendo la palla di vetro dell’indovino, non so se la Grecia, con questi 120 miliardi, ce la farà a rimettersi in carreggiata o se avrà bisogno di nuovi aiuti o che altro. Ma supponendo che gli aiuti stiano riportando alla normalità la situazione greca, occorrerà comunque effettuare qualche ristrutturazione del suo debito, onde evitare che le banche i cui crediti risulteranno salvati dalla solidarietà europea alla Grecia, si trovino «con la botte piena e la moglie ubriaca». Infatti i prestiti alla Grecia sono stati dati a tassi più elevati a quelli medi di mercato, in relazione al suo elevato rischio di insolvenza. Se tale elevato rischio sarà stato ridotto grazie al sostegno degli stati europei (cioè a carico dei cittadini di Eurolandia) è logico che i creditori non continuino a prendere remunerazioni del loro denaro, con quel compenso per il rischio differenziale. In particolare, ultimamente la Grecia, dato il timore dei mercati e il giudizio negativo delle agenzie di rating , ha emesso prestiti a medio o lungo termine, prima al 5-6%, poi al 7-8% e infine al 9-10%. Un tasso di interesse che, in condizioni di normalità, è assolutamente sproporzionato.

Negli interventi di salvataggio dei grandi debitori di solito chi fa il salvataggio chiede poi ai creditori di ristrutturare i crediti fatti in precedenza a condizioni onerose. Alle formiche che aiutano le cicale si può chiedere una solidarietà, in nome di interessi comuni, ma non si può chiedere di essere stupide.

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