Salvate la riforma che tutela il lavoro

La norma bloccata dal capo dello Stato, tra gli applausi dell'opposizione, è fondamentale per rilanciare il Paese. L'arbitrato affranca l'occupazione dalla morsa della burocrazia e difende i sindacati liberi dai ricatti della Cgil

A Maurizio Sacconi, con la sua pazienza di Giobbe e la sua umiltà, si dovrebbe fare un monumento, per il garbo con cui adesso cerca di calmare le acque dopo che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha rimandato alle Camere il testo della legge collegata alla Finanziaria riguardante la materia del lavoro, per la riflessione sugli articoli 20 e 31 riguardanti rispettivamente l’interpretazione delle norme sulle infezioni da amianto per i lavoratori a bordo delle navi di Stato e la modifica dell’articolo del codice di procedura  civile, riguardante l’arbitrato in materia di lavoro. Il capo dello Stato è perplesso e chiede una nuova riflessione di questi due testi che, in effetti, come dice lui, non sono di facile lettura e si inseriscono su norme già per conto loro intricate.

La sinistra esulta. Non ha capito che il mondo del lavoro ha dato una marea di voti alla Lega anche nelle regioni rosse, perché è giustamente stufo e arcistufo delle complicazioni che si devono affrontare nelle pratiche burocratiche, in particolare del lavoro. Intendo per mondo del lavoro in special modo gli artigiani e le piccole imprese, i lavoratori dipendenti che lottano quotidianamente con queste pratiche. Per fare un esempio, se un tizio riceve 200 euro, per una prestazione al di fuori del suo ruolo normale di lavoro o del suo stato di pensionato, deve compilare, ai fini previdenziali, un modulo di quattro pagine, in cui deve scegliere fra sette caselle, alcune delle quali sembrano una presa in giro.

La norma che consente ai lavoratori di scegliere, per le cause del lavoro, la conciliazione arbitrale, mira a semplificare le controversie sul lavoro che sono annose. Di media in primo grado nel Nord Italia una causa di lavoro dura cinquecento giorni e nel Mezzogiorno addirittura mille. Quando si chiede perché non si decentra la produzione ad aziende del Sud, ma si preferisce la Romania o la Slovenia o la Polonia, probabilmente non si tiene conto che occorrono mille giorni per venire a capo, in primo grado, delle questioni riguardanti il lavoro. Ora la norma sull’arbitrato consente ai lavoratori di sottoscrivere, anche all’atto dell’assunzione, un impegno a ricorrere all’arbitrato, sulla base di regole sindacali.

Questa norma è piaciuta molto ai sindacati liberi, ma non alla Cgil che non è riuscita a bloccarla in Parlamento perché la sua cinghia di trasmissione, costituita dagli ex Ds, è minoritaria. Ma i giuristi del lavoro di sinistra hanno fatto molto chiasso, sostenendo che così si aggira l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Di qui l’invito del capo dello Stato a ridiscutere il testo per chiarirlo.

A me non pare che questo testo sia contro l’articolo 18 nel suo spirito originario. Mi pare vero il contrario. La prima parte di tale Statuto che molti citano e pochi hanno letto si intitola «della libertà e dignità del lavoratore» e la seconda parte, in cui è contenuto l’articolo 18, si intitola «della libertà sindacale». Il testo su cui ora il Parlamento deve «riflettere» stabilisce che le modalità di applicazione dell’arbitrato sono demandate ad accordi interconfederali o a contratti collettivi di lavoro. E solo in assenza di tali accordi o di riferimenti nei contratti collettivi il ministro del Lavoro definisce con suo decreto, sentite le parti sociali, le modalità di attuazione delle disposizioni.

Dunque questo articolo di legge mira a semplificare le controversie sul lavoro con l’arbitrato, dandone la primaria responsabilità ai sindacati. E lo Statuto dei lavoratori vuole tutelare le libertà sindacali, non il diritto della Cgil a imporre la sua opinione sugli altri sindacati. Le libertà sindacali devono essere al servizio dei cittadini e non viceversa, come qualcuno continua a voler pretendere. Ne consegue che il Parlamento ora deve tenere conto del fatto che trenta organizzazioni dei datori di lavoro e dei sindacati diversi dalla Cgil si sono espresse a favore della norma sull’arbitrato.

Sacconi è disposto a rinunciare al potere sostitutivo del governo, per consentire l’arbitrato anche in assenza di «accordi confederali».

Si tratta di una rinuncia accettabile solo se risulta chiaro che basta un accordo di alcuni sindacati e non occorre quello con tutti. Si proclama che ci vogliono le riforme. Ma le riforme che occorrono sono quelle che danno più libertà, non quelle che introducono nuovi vincoli, con costi e ritardi.

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