Pedro Armocida
da Roma
Ancora un romanzo è alla base del nuovo film di Salvatores. Dopo Io non ho paura, ispirato al libro di Niccolò Ammaniti, ora per il nuovo Quo vadis, baby? in uscita venerdì in 250 sale, il regista milanese ha preso in mano lomonimo romanzo di Grazia Verasani, edito dalla Colorado Noir, e lha trasformato in un film che più nero non si può. A partire dalla protagonista, uninvestigatrice privata (la cantante Angela Baraldi) che col suo giubbotto di pelle scuro si aggira per una Bologna notturna e uggiosa. E la sua vita sembra rispecchiare queste atmosfere. Sola, senza un uomo, una madre e una sorella che si sono suicidate e il lavoro nellagenzia investigativa del severo padre (Luigi Maria Burruano).
Un giorno le ferite del passato si riaprono quando riceve delle videocassette in cui la sorella racconta le sue delusioni di aspirante attrice. In più lo sconvolgente dubbio: si è trattato di vero suicidio? Da qui il film si trasforma in un thriller insolito, rarefatto e lento, che Salvatores prova a spiegare così, ricorrendo alla sua amata cultura orientale: «Cè una teoria filosofica che sostiene che se vuoi davvero far conoscere qualcosa a qualcuno non puoi raccontargliela perché la modificheresti. Dovresti solo limitarti a fornire elementi e indizi, lasciando che sia linterlocutore a scoprire le cose. È esattamente quello che avviene in unindagine su un delitto. Mi piaceva lidea di provare a mettere il pubblico nei panni di un detective, fornendogli elementi sparsi, non legati né cronologicamente, né logicamente, ma emozionalmente e casualmente».
Una sperimentazione che pervade tutto Quo vadis, baby? (il cui titolo è legato a una frase pronunciata da Marlon Brando in Ultimo tango a Parigi), a partire dal formato scelto per girarlo, il digitale in alta definizione, che ha contribuito a contenere i costi del film, prodotto da Maurizio Totti per la Colorado Film, in 3,5 milioni di euro a cui ha contribuito la Tim tramite il product placement della legge Urbani.
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