«Horribile visu», avrebbe correttamente definito un cronista latino lo «spettacolo» offerto dalla Sampdoria contro l'Udinese. A fine partita molti colleghi andavano imprecando: «Non avevo mai visto la Samp giocare così male!». Sono giovani e vanno compresi: negli anni, per vero io l'ho vista molte volte giocare anche peggio. Però è pur vero - lo scrivo prendendo a parametro le rarissime genialità e l'incredibile serie di errori di Cassano sul chewing-gum alla clorofilla del Ferraris in fatale sintonia con i compagni meno dotati e la rabbia finale di Pazzini affetto da sterilità - che quel record negativo lì è stato seriamente insidiato.
Si sa che questa Sampdoria qui, che fatte salve le tre o quattro eccellenze che conosciamo non vanta levatura tecnica elevata, diventa una squadra importante solo quando la sua cifra atletica risulta globalmente al top e l'undici viene schierato nel pieno rispetto delle peculiari caratteristiche tecniche dell'organico. E non è questo il momento. Allora, considerato che giovedì si dovrà rigiocare contro il Debrecen su quel verde chewing-gum lì e domenica cioè tre giorni dopo si andrà a far visita al tosto Bologna di Di Vaio, c'è da spaventarsi?
Dipende da cosa deciderà Di Carlo. C'era una volta la Sampdoria del «4-4-2» di Del Neri con le ali che volavano. E Pazzini faceva 19 gol in 37 partite disputate. Ancora ci sono in organico gli stessi 4 esterni d'attacco (Semioli, Mannini, Guberti e Padalino, più Koman e anzi ci aggiungo Marilungo che è «bon à tout faire») utilizzabili con profitto a staffetta per il cross dal fondo, ma Di Carlo - totalmente cancellato Padalino: Perché? - insiste col «4-3-1-2» che tanta soddisfazione gli diede al Chievo e qui non funziona. Il tutto senza tener conto che gli mancano due pedine fondamentali come Poli e/o Tissone (ecco l'unica vera disgrazia); che da troppo tempo Semioli sarebbe un fantasmino persino nella «quattro» di centrocampo e a maggior ragione vedete bene cosa sia nella «tre»; che Guberti - per la disperazione del Pazzo - cerca comunque il centro sia che già stazioni lì sia che parta da sinistra (dove si posiziona normalmente Cassano), sicché sarebbe preferibile impiegarlo a destra e «pretendere» dal suo piede buono cross al bacio dal fondo per la testa del Pazzo.
Infine, essendo «condannati» a battagliare ogni tre giorni (il che parzialmente spiega i 6 punti in meno in classifica dopo la «quinta» rispetto all'anno scorso), perché non giocare normalmente in 14, ma per davvero, operando un vantaggioso semi-«turn over»? Che senso ha impiegare l'aitante Pedro soltanto per mezz'ora al posto dell'arrancante Guberti, il rapace Marilungo per 20 minuti al posto dell'impalpabile Semioli, il tosto Pozzi per 7 minuti (come Rivera in Messico) al posto del martoriato e incavolato Pazzini? Perché non far normalmente giocare a tre forze fresche gli ultimi 30 o 40 minuti dei singoli matches, principalmente dividendo la fatica degli esterni di centrocampo (come faceva Del Neri) e comunque dando tregua agli elementi maggiormente provati dello schieramento iniziale? Dice: sapete come sono i calciatori, è probabile che chi deve uscire anzitempo si lamenti. E allora? Semmai, cavoli suoi.
Il giorno avanti, si è visto un Grifone perfetto per lo 0-0 a casa del Diavolo: con l'autorevole Ranocchia ad annullare lo spocchioso Ibrahimovic, l'attento Rafinha a garantire all'esperto Dainelli la chiusura all'angolo di Ronaldinho, l'elegante Criscito a mangiarsi lo spaesato Robinho come un cioccolatino e lo straripante Chico a primeggiare nel duello a sportellate con il ruvido Boateng. Tutto studiato alla perfezione dal Gasp affinché quel povero Diavolo male in arnese non potesse assolutamente far male. Mentre non pareva irragionevole semmai sperare che il fantasioso piede di Palacio potesse avere prima o poi ragione dell'esterno d'attacco Antonini fresco di studi da terzino. Invece, come un fulmine a ciel sereno, al rientro delle squadre sul prato due numeri di scarpa in più (il 47 dell'altezzoso Ibrahimovic contro il 45 di Dainelli) e la conseguente puntatina dello «zingaro» sommata all'eccessivo fuoriporta di Eduardo sono costati a Gasperini e discepoli un prezioso punto che pareva - come minimo - francamente garantito.
È poi vero che Palacio raramente riesce a riproporsi fuori casa nei panni dell'imprendibile folletto che normalmente ci delizia a Marassi; che se il macchinoso Toni viene desolantemente abbandonato alle grinfie della coppia centrale avversaria - tanto più se targata Nesta-Thiago Silva - fatalmente lo si candida ad immalinconirsi; che è logico aspettarsi che il poderoso Mesto alterni grandi giocate a banali errori; che ai sapienti Veloso e Kharja va legittimamente concesso un altro po di tempo affinché ritrovino la piena forma-partita. Ma ciò che rischia di diventare allarmante è la condizione di due pedine fondamentali nello scacchiere di Gasperini: dico dello sconcertante «elastico» che inopinatamente ci propina il portiere Sibilla (esco non esco) e dell'involuzione di Sculli (5 presenze, 4 ammonizioni, una squalifica da scontare) per il quale sottoscrivo il laconico commento in pagella del collega Franco Ordine: «Voleva l'Inter, non è ancora rientrato al Genoa».
In definitiva, 5 punti raccolti nelle prime 5 partite di campionato (e cioè 5 in meno rispetto all'anno scorso) sono francamente pochi per un Grifone stavolta privo di impegni europei e da più fonti definito il re del mercato estivo. Ma intanto se stanno a quota 5 pure Roma Fiorentina e Palermo una ragione ci sarà.
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