San Donato pronta alla svolta Dompè punta al «tricolore»

Conto alla rovescia a San Donato Milanese. Si torna alle urne (domenica e lunedì) per strappare la fascia tricolore alla sinistra. Il candidato del centrodestra, Mario Dompè, parte dal 45 per cento mentre il ds Achille Taverniti non supera il 40,7. Quattro punti di distacco tra la politica del buon governo, «la moralità sarà alla base del mio agire da sindaco» annota Dompè, contrapposta a una «campagna calunniosa».
Campagna di chi sta preparando le valigie, ben sapendo che colmare quel distacco non è affatto impresa facile. «Il risultato del primo turno è un segnale da non sottovalutare». Esclusa «categoricamente» l’intesa con la lista civica dell’ex socialista Francesco Forenza, lista che pur non raggiungendo un accordo organico con il centrodestra si è spesa elettoralmente per il cambiamento. Come dire: «C’è voglia di svoltare dopo decenni di governi rossi che non hanno certo brillato per progetti innovativi», ricorda Dompè. Che ha messo nero su bianco tutti i misfatti della giunta Taverniti, «elenchino spesso come un trattato universitario, che i miei concittadini hanno subìto quotidianamente». Si va dai topi che scorrazzano all’asilo ai bambini lasciati al freddo nelle scuole, sino al verde lasciato a se stesso passando per quell’area del «pratone» che Taverniti ha violato premendo sull’acceleratore dell’urbanistica. Un’amministrazione che, solo alla vigilia del ballottaggio cala la carta della sicurezza. «Taverniti con ritardo di cinque anni si è accorto che i problemi reali della gente sono rimasti senza risposta». Conto pagato dai cittadini e non dal sindaco uscente, che «abita in quel di Peschiera Borromeo». «Nessuna sorpresa», aggiunge Dompè: «L’amministrazione Taverniti non ha posto al centro il cittadino. Sotto il loro governo solo un aumento di tasse e di tariffe che non accompagnato dal miglioramento della qualità della vita».

Una menzogna il taglio dell’Ici vagheggiato dalla giunta Taverniti: «Lo promisero anche cinque anni fa. All’indomani dell’elezione fu varato un provvedimento che produsse un aumento della tassa per la prima casa, pari al 150 per cento». Forse l’ultima bugia prima della svolta a San Donato.

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