Il San Francesco olandese «Curo migliaia di animali»

Un ex manager di Rotterdam ha lasciato tutto per salvare cani, gatti, cavalli e tori in Andalusia

Roberto Pellegrino

da Linea de la Concepcion

A due passi da Gibilterra, dove l'Europa quasi sfiora l'Africa e il Mediterraneo inizia a mischiare le acque calde con l'oceano Atlantico, ogni giorno, avviene un miracolo. Lo compie un uomo semplice che, come San Francesco, ventitré anni fa, si liberò di tutte le sue ricchezze, per dare voce a chi voce non ha.

Peter Koekebakker, 56 anni, olandese di Rotterdam, trapiantato da anni in questo angolo rovente d'Andalusia - qui c'è il record europeo di abbandoni di animali - in meno di due decenni d'attività, ha salvato oltre 9mila cani e centinaia di gatti, cavalli, tori e persino avvoltoi. Ha dato una casa a tutti quei quadrupedi e palmipedi che hanno sperimentato la cattiveria umana. Peter, con sacrificio e testardaggine, ha fondato l'organizzazione di volontari «Animal In Need» (www.animalinneed.com), raccogliendoli uno a uno, dalla strada o dai canili (in Spagna luoghi di maltrattamento e morte). Inoltre, a questo gioioso branco scodinzolante, il San Francesco venuto dall'Olanda, ha dato non solo una nuova vita, ma una famiglia: Peter dal 2000 ha costruito un'efficace rete d'adozioni in 14 paesi, dalla Germania al Giappone. I potenziali padroni sono contattati e se rispondono ai requisiti necessari, ottengono direttamente a casa loro un ex trovatello, accompagnato dai volontari. Questo a titolo gratuito, ma i padroni possono liberamente dare un'offerta per coprire le spese veterinarie e di trasporto, essenziali per garantire il lavoro di «Animal In Need» che non riceve fondi dalla Spagna.

Per assistere al miracolo Il Giornale ha incontrato Peter Koekebakker nel suo rifugio di 21mila metri quadrati nel Golfo di Cadice. «Nel 1995 ero manager di una multinazionale edile a Rotterdam. Avevo un ottimo stipendio, più di 10mila euro al mese più benefit, ma non mi sentivo completo. E quando l'azienda è fallita, a 33 anni ho rivisto la mia vita e ho compreso che dovevo cambiare: meno soldi in tasca, meno comodità, ma con più felicità nel cuore. E allora mi sono dedicato ai cani e non solo, curando ogni animale bisognoso di aiuto». Peter, un omone di quasi due metri, assomiglia più a un Hell's Angel che a un santo. Baffoni folti, braccia muscolose, bandana in testa e jeans consumati su cui rintoccano, appese a una catenella, le decine di chiavi del complesso.

«A sei anni - racconta Peter a Il Giornale - salvavo i passerotti dagli inverni gelidi, poi, crescendo ho capito che era mio compito dedicarmi a tutti gli animali, denunciando le loro sofferenze. Così sono anche diventato vegetariano, schierandomi contro gli allevamenti intensivi». Una scelta che l'ha trasformato da turista occasionale, alla ricerca di mare e sole, a crociato contro le violenze su animali, in un Paese in gran parte privo di leggi adeguate. «Nel 1994 fui ospite di un amico a Marbella. Solitamente andavo in vacanza in Italia, ma in Spagna fui testimone dell'inaccettabile violenza subita dai randagi. Tornato a Rotterdam, salutai parenti e amici, per andare a vivere in Andalusia, una regione dove le percentuali di abbandono di cani sono le più alte in Europa». Così, da zero, animato da tanta buona volontà e incoscienza, Peter ha costruito un efficace porto sicuro per quadrupedi.

«Aiutiamo tutti gli animali perché loro non hanno voce in capitolo. Abbiamo creato una rete di adozioni in quattordici paesi del mondo. In cambio di un contributo, affidiamo a chi lo desidera, dopo averlo esaminato, ex randagi da noi curati e sterilizzati. La maggior parte dei trovatelli adottati vola in Olanda e Germania, dove ho le mie radici e un attivissimo gruppo di volontari che segue, con controlli periodici, ogni amico nella sua nuova casa. Su Facebook raccontiamo il nostro lavoro, che non è riconosciuto dall'amministrazione dell'Andalusia. Non accettiamo il metodo con cui credono di risolvere il randagismo, ovvero, lo sterminio nelle vergognose perreras (canili, ndr), dove i cani sono ammazzati se non vengono adottati entro una settimana».

Con la sua associazione Peter ha denunciato al mondo tale crudeltà e i soldi pubblici sprecati per canili-lager. «Perché ucciderli quando possono essere sterilizzati e adottati?», si chiede Peter infervorato. «Possono essere impiegati per lavori socialmente utili e rischiosi: alcuni nostri amici sono stati addestrati e ora fanno parte delle squadre cinofile anti-esplosivo o nel salvataggio in caso di terremoto o slavina. Sono stati persino adottati da alcuni ospedali tedeschi per la pet-therapy. In tredici anni ho salvati qui in Andalusia più di 9 mila cani e non so più quanti gatti. Curiamo anche gli avvoltoi, ma la missione non è ancora finita».

E per contribuire su Animalinneed.com c'è l'iban per inviare le donazioni.

«Potete venire qui a darci una mano, per una settimana. Non lo dimenticherete mai», ricorda Peter prima di entrare nel recinto ed essere sommerso d'affetto da una nuvola pelosa e scodinzolante. A tutti loro, l'ostinato San Francesco da Rotterdam, ha ridato la vita.

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