San Siro da fortezza a saloon Max e Diego occhio alle sberle

San Siro da fortezza a saloon Max e Diego occhio alle sberle

nostro inviato a Appiano G.

Moratti dispiaciuto e deluso: copyright Ranieri. E l’Inter non è più quella del Triplete: sempre copyright Ranieri. Anzi, detto con parole sue: «Quell’Inter non c’è più. Eto’o non c’è più. Maicon non è più quello di una volta. Milito non segna più tutte le volte che tocca palla. E Sneijder...». Sneijder è eternamente in infermeria. Ieri gli è bastato fare una prova con vista partita ed è tornato a casa, con l’ipotesi di rivederlo all’inizio del nuovo anno.
E adesso c’è di mezzo anche la Fiorentina. Come direbbe l’attento cultore di frasi fatte (sì, sempre Ranieri): i guai non vengono mai soli. Fiorentina significa Della Valle e per Moratti è garantito il mal di stomaco. I rapporti non sono proprio idilliaci, tutto all’aria dopo anni di convivenza sotto il tetto di una stessa fede (calcistica). Quando i fratelli gli erano grandi amici. «Erano», perchè adesso si parla di lunghi coltelli. Per ora nel fodero di un ping pong dialettico. Massimo Moratti aveva voluto Diego Della Valle nel consiglio di amministrazione dell'Inter nel 1995. Intesa rimasta solida fino al 2001. Poi Diego Della Valle si è imbarcato nel salvataggio della Fiorentina e tanti saluti all’Inter. A seguire, Calciopoli, screzi, sentenze e veleno intinto nella parola. «Io e lui siamo amici, ma chi predica bene dovrebbe razzolare bene». Detto da Diego a Massimo, quando il potere non proprio occulto del calcio di quegli anni indusse tanti alla tentazione e qualcuno a resistere. Ma c’è resistenza e resistenza.
Storie vecchie, sempre attuali, restituite alla cronaca anche di recente. Della Valle che parla di un tavolo dove spiegare quanto fosse realmente accaduto negli anni di Calciopoli. E Moratti che replica un po’ sprezzante. «È un tipo di domanda che dovrei fare a lui o a loro. Sedermi al tavolo? Penso si divertiranno a fare una rimpatriata tra loro, io sarei noiosissimo». E siccome il pepe sulle risposte non gli manca mai, il patron è andato in gol molto di più di quanto ormai riesca a Milito e Pazzini: fermi da settembre in campionato. Prima ci ha illuminato sui rapporti fra i potenti del calcio. «Tavolo della pace? Speriamo non portino i coltelli». Infine ha battezzato i temi del “tavolo“ del 14 dicembre. «Sono io che posso dire: dimentichiamo il passato. Non altri». Ad ogni battuta il faccione di Della Valle avrebbe rischiato la fine di un punching ball. Senza dimenticare il naufragio nei rapporti puramente calcistici. Moratti pensava a Mihajlovic in panca e quell’altro faceva sapere: «Se lo vuole, mi telefoni». Ovviamente la telefonata non è arrivata. E Mihajlovic è finito male.
Dunque capirete perchè stasera se qualcuno ha coltelli (calcistici) da infilare nella pelle altrui, sarà benvoluto. Alla Fiorentina mancherà Montolivo, ma Delio Rossi ha qualche arma per rafforzare la leadership, forte di un pari con il Milan e di un successo sulla Roma. Invece Ranieri appare sempre più come un naufrago aggrappato ad un salvagente. L’Inter non va, non segna e subisce troppo (5 sconfitte a San Siro, ma i viola perdono da 3 trasferte consecutive). «Non lasciateci soli», è stato l’appello al pubblico. Di solito sono segnali di chi si sente disarmato. Che fare da qui al futuro? «Posso solo dare consigli», ha raccontato, pensando probabilmente al mercato.
A Moratti ha fatto intendere che la squadra è da rifondare. Ma qui intanto deve salvare il campionato e sfruttare il bonus Champions. Con chi? Ogni volta una squadra da inventare. Forlan dovrebbe rientrare martedì con il Genoa, Poli continua a far vita da panchinaro, Maicon ci sarà stasera e Sneijder ieri ha sentito ancora dolore sulla vecchia cicatrice al muscolo della gamba destra. I suoi muscoli sono pieni di cicatrici. Uno così, due mesi fermo e tre partite in campo, non è facile da vendere. Forse lo rivedremo a gennaio.

Per battere la Fiorentina ci vorrebbe una battuta di Moratti, ma San Siro non è un tavolo della pace e neppure dei lunghi coltelli. Rischia di essere peggio: era una fortezza, ora è un saloon dove il padrone prende sberle.

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