San Suu Kyi incontra i militari: «La Birmania deve guarire»

Il premio Nobel tratta con il regime e vede i leader del suo partito. Ma resta agli arresti domiciliari

da Rangoon

Una Aung San Suu Kyi definita «ottimista» ha avuto ieri a Rangoon, lontana dall’abitazione nella quale è confinata da 12 anni, due importanti incontri. La leader storica dell’opposizione birmana ha visto per circa due ore - per la prima volta negli ultimi tre anni - tre dirigenti del suo partito, la Lega nazionale per la democrazia (Lnd). E poi ha incontrato per la seconda volta un emissario della giunta militare. Al termine, Suu Kyi ha detto che bisogna anzitutto «lavorare a un processo di guarigione» del Paese e di avere avuto l’impressione che «la giunta faccia sul serio e abbia la volontà di operare per la riconciliazione nazionale». In effetti l’aria che si respirava ieri nella capitale, quando con un’auto dai vetri oscurati l’esile premio Nobel è stata condotta in una residenza del governo per i due incontri, ha fatto pensare a molti commentatori che realmente si stia aprendo uno spiraglio nella lunga battaglia per la democratizzazione del paese.
«La più grande occasione per tutte le parti dal 1988 di fare passi avanti», l’ha definita Win Min, analista birmano in esilio in Thailandia. È forse ancora solo una «speranza che si trovi un nuovo modus vivendi», ha avvertito però Trevor Wilson, ex ambasciatore australiano a Rangoon, attento conoscitore del Paese asiatico e cauto nell’entusiasmarsi. Wilson ha ricordato infatti che «il passato non invita all’ottimismo». Anche altri commentatori invitano alla cautela ricordando che i militari, al potere da 45 anni, non hanno esitato in passato a esibirsi in voltafaccia facendo scattare una dura repressione. E Amnesty International ha inviato alle autorità un documento nel quale denuncia gravi violazioni dei diritti umani tuttora in corso dopo la fine delle manifestazioni. Ma qualcosa comunque sembra muoversi. In due giorni la San Suu Kyi ha visto l’inviato dell’Onu Ibrahim Gambari, che l’ha definita «disposta a cooperare nell’interesse della nazione», un rappresentante del governo e tre membri del suo partito.


Secondo quello che ha dichiarato ai giornalisti il portavoce dell’Lnd, Nyan Win, a sei settimane dalla sanguinosa repressione della protesta guidata dai monaci buddisti, la dissidente ha chiesto alla giunta di nominare nel suo partito due «ufficiali di collegamento» per condurre i negoziati, lasciando intendere che per il momento non è in programma un suo rilascio.

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