San Vittore addio: l’unica soluzione è un «Bollate-due»

ANOMALIA La struttura alla periferia Nord della città è teatro di un’esperienza di «trattamento avanzato»

L’ultimo atto di Giuseppe Grechi, presidente della Corte d’appello di Milano, prima di andarsene in pensione dopo mezzo secolo di servizio, fu prendere di petto la faccenda San Vittore: «Tenere dei detenuti in simili condizioni è semplicemente illegale». Un grido d’allarme rimasto inascoltato. È passato un anno, e i detenuti sono passati da 1.300 a 1.500. A San Vittore prima di Natale è arrivato Dionigi Tettamanzi, e ha rilasciato parole di scandalo simili a quelle del giudice Grechi: il cardinale ha parlato di «squallore intollerabile», soprattutto dopo avere visitato le celle del sesto raggio. E stavolta, forse, qualcosa inizia a muoversi.
Ma basterebbe la costruzione di un nuovo carcere a risolvere gli eterni guai di San Vittore? L’esperienza passata induce a essere dubbiosi. La vecchia «casanza», ovvero «il Due» - nomi in codice che la malavita milanese dedicava alla prigione di piazza Filangieri - doveva essere chiusa dopo la costruzione di Opera, negli anni Settanta. Non accadde nulla. Per chiudere davvero San Vittore si decise di costruire allora un altro carcere, stavolta alla periferia nord: Bollate. Il film si è ripetuto: nel 2001 apre Bollate ma San Vittore non chiude affatto.
Eppure nei dintorni continuano a essere inaugurate o allargate una serie di prigioni: Monza, Vigevano, eccetera. Niente da fare. San Vittore sembra inaffondabile. Due raggi vengono chiusi perché stanno praticamente crollando. Negli altri continua la vita di sempre. Nel frattempo, la popolazione carceraria milanese è arrivata a livelli record: 1.200 a Opera, 1.100 a Bollate, 1.500 a San Vittore, Totale 3.800 detenuti sull’area urbana meneghina. Mai visto prima.
Se la politica giudiziaria rimane quella attuale, un nuovo carcere si riempirebbe rapidamente senza necessità di svuotare San Vittore. Così tra gli addetti ai lavori sta iniziando a circolare - in modo assolutamente non ufficiale - una convinzione: che ruota intorno al carcere di Bollate, il più anomalo tra i carceri milanesi, teatro di un’esperienza di «trattamento avanzato» dei detenuti che ha coinvolto persino i più malvisti tra i carcerati, i sex offender che a San Vittore dovevano vivere al riparo da tutti. A voler fare di Bollate un carcere dal volto umano sono stati Luigi Pagano, l’ex direttore di San Vittore divenuto capo del sistema penitenziario lombardo, e la direttrice della nuova struttura Lucia Castellano. E i risultati non sono mancati. Ma l’esperimento di Bollate è stato reso possibile dal basso affollamento e dalla scelta di inviarvi solo detenuti definitivi, lasciano a San Vittore il ruolo di «casa circondariale», cioè di carcere di passaggio per detenuti in attesa di giudizio.
Così c’è chi inizia a domandarsi se in una situazione carceraria caotica come quella milanese Bollate sia un lusso eccessivo.

E nasce l’idea di allargare la cubatura del nuovo carcere, di alzare i suoi indici di affollamento, e di trasferirvi i detenuti ma soprattutto i mille agenti di polizia penitenziaria di San Vittore. Certo, sarebbe la fine di un’utopia. Ma a quel punto, «il Due» potrebbe chiudere davvero. Forse.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica