A San Vittore le celle scoppiano: stranieri tre detenuti su quattro

L’istituto può accogliere 874 persone: ce ne sono 500 in più. Chiusi due raggi: uno è crollato, l’altro è inagibile. I carcerati sono pigiati in pochi metri quadri e si contendono le brande

A San Vittore il telefono non squillerà più. Il grande call center che dall'interno del carcere milanese forniva informazioni ai milanesi sull’elenco degli abbonati al telefono tra pochi giorni chiuderà e traslocherà nel carcere di Bollate. Il motivo è semplice, e illustra meglio di tanti ragionamenti come sta mutando pelle la vecchia «casanza» (così la chiamavano i malavitosi di lungo corso) di piazza Filangieri: manca la manodopera. In una prigione arrivata ad ospitare il 75 per cento di stranieri, è diventato impossibile trovare detenuti che parlino italiano in modo sufficiente a rispondere al telefono. Inoltre il frenetico turn over dei detenuti rende impossibile addestrare il personale. Dunque il 1240 si sposta a Bollate, il più recente dei carceri milanesi, dove vengono trasferiti ormai da mesi i detenuti definitivi.
San Vittore, giorno dopo giorno, torna alla sua destinazione originale: «casa circondariale», ovvero carcere di prima entrata, prigione dove sbarcano i detenuti in attesa di giudizio. Anche in passato era un ruolo duro, ingrato, perché accogliere un uomo al primo impatto con la galera non è facile. Lo è ancora di più oggi, quando la mutazione della popolazione carceraria rende tutto più complicato. Creare un dialogo con il balordo da strada era difficile. Crearlo con uno dei quaranta signor nessuno che da ogni angolo del mondo entrano ogni giorno all’ufficio matricola di piazza Filangieri è a volte quasi impossibile, nonostante tutti gli sforzi. «Ormai - spiega Gloria Manzelli, la direttrice - il trattamento dei detenuti, il loro percorso di recupero e di reinserimento, qui non avviene più».
Problemi di lingua, di cultura, di estrazione, che si cerca di arginare in qualche modo con i corsi di lingua e di alfabetizzazione. Ma il vero problema sono i numeri. Ormai San Vittore versa in uno stato di sovraffollamento cronico. E se davvero dal governo dovesse arrivare la tanto invocata stretta repressiva delle politiche criminali, la prima ondata investirebbe proprio San Vittore. Arresti più facili, pene più certe, aggravanti più rigide avrebbero come primo effetto quello di aumentare il numero dei detenuti in attesa di giudizio. L’ufficio matricola di San Vittore potrebbe trovarsi ad affrontare numeri di «nuovi giunti» (come da gergo carcerario) impossibili da smaltire. Già oggi, per trovare una branda a tutti si fanno ogni sera i salti mortali. Se fosse una pensione, San Vittore avrebbe esposto da tempo il cartello «tutto esaurito».
Ormai la capienza di San Vittore è ridotta in modo stabile a 874 detenuti, e non c’è alcuna prospettiva a breve che venga aumentata. Il Quarto raggio è stato chiuso d’autorità a causa delle condizioni igieniche e ambientali intollerabili. Il Secondo raggio a un certo punto è invece, semplicemente, crollato su se stesso. Per nessuno dei due settori inagibili è previsto, a tutt’oggi, l’inizio di alcun lavoro di ristrutturazione o recupero: anche perché il progetto di creare un nuovo carcere all’interno della nuova cittadella giudiziaria a Rogoredo blocca, inevitabilmente, gli stanziamenti straordinari per la manutenzione della vecchia struttura.
Negli 874 posti, a ieri erano pigiati più di 1300 detenuti. Si tratta di un risultato raggiunto col semplice sistema di raddoppiare la capienza delle celle: dove ci sono due posti se ne mettono quattro, dove ce ne sarebbero tre se ne piazzano sei.

Meno male che finora ha fatto fresco, perché quando arriverà il caldo le conseguenze sanitarie di questo pigia pigia potrebbero farsi pesanti. E se dovesse davvero scatenarsi una ondata di arresti? A San Vittore, per adesso, preferiscono non pensarci.

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