Sanità genovese per Capo Verde

Fabrizio Graffione

Un ospedale made in Genoa a Capo Verde. Almeno sotto il profilo della gestione sanitaria e dei medici che nei prossimi mesi voleranno nell’isola vulcanica di Fogo, 35mila abitanti. È il «sogno» realizzato da Edoardo Berti Riboli e dalla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università genovese in collaborazione con i frati francescani piemontesi che da anni seguono la struttura nell’isola dell’oceano atlantico.
«Dopo aver prestato servizio in molti paesi africani come Togo, Kenya, Ghana, abbiamo deciso di fornire un paio di chirurghi all’ospedale dei frati francescani, con i quali si è realizzata una bella collaborazione - spiega Berti Riboli - . Le istituzioni locali sono rimaste così soddisfatte che ci hanno chiesto, oltre ai camici bianchi, anche di coprire la gestione sanitaria dell’ospedale, che così parlerà anche un po’ genovese. I ministri di Capo Verde nei prossimi mesi verranno in visita al nostro Dipartimento e all’Università per rendersi conto di persona come operiamo e come sono formati i nostri medici». L’ospedale di Capo Verde è dotato di undici padiglioni con tutte le specialità mediche. Mancano chirurghi qualificati e per questo sono stati chiamati i camici bianchi genovesi. L’assistenza sanitaria è gratuita per tutta la popolazione, costituita principalmente da bambini e anziani. Gli abitanti fra i 30 e i 50 anni infatti spesso emigrano in cerca di lavoro.


Dal prossimo anno un paio di medici di Capo Verde saranno ospitati all’Università genovese per corsi di specializzazione in Chirurgia generale di circa tre anni. L’iniziativa è seguita dall’Ateneo genovese ma anche dalla Regione.

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