Sanità, l’antidoto alla cura Marrazzo

Antonella Aldrighetti

La linea di demarcazione tra spesa sanitaria reale e spesa sanitaria programmata è definita dai confini del disavanzo finanziario che, sulla base del piano di risanamento prescritto dalla giunta regionale e dedicato alla tutela della salute, dovrebbe rientrare a colpi di scure: tagli ai servizi ospedalieri, posti letto compresi, ambulatoriali, diagnostici e farmaceutici. Questa la cura Marrazzo che, di giorno in giorno però, viene sottoposta sempre a nuovi ritocchi. Già, ma quest’operazione di presunto maquillage non ha troppo soddisfatto i sindacati che si stanno dimostrando in disaccordo al taglio indiscriminato dell’offerta sanitaria visto che, quest’accezione di intendere il risparmio delle risorse, mette a repentaglio pure i posti di lavoro dei camici bianchi. Ed ecco che sull’onda del dissenso la Fiasl/Confsal, sindacato di categoria della sanità, ha messo a punto un «contro-piano» sviluppato su opposte variabili. Vale a dire che può essere presa in considerazione una politica di ripiano senza tagli ai servizi, senza aumento delle addizionali Irpef e Irap e che, di contro stabilizzi il lavoro precario facendo risparmiare annualmente almeno 500 milioni di euro grazie al piano di internalizzazione degli operatori sanitari oggi assunti nelle cooperative. Mentre, altri 300 milioni, si produrrebbero dal rientro dei piani di catalogazione per la sanità convenzionata «che si risolverebbero nell’impegno da parte delle case di cura di effettuare, oltre a interventi chirurgici a basso costo - precisa il segretario regionale della Fiasl Gianni Romano - anche quelli a costi elevati. Non dimentichiamo che per un’appendicectomia il ricovero post operatorio ci ha lo stesso costo di un intervento più delicato e maggiormente invasivo».
Stando ai risultati riportati dal sindacato solo con queste due operazioni si andrebbero a recuperare 800milioni di euro in un colpo solo e in un anno. E andando avanti con l’analisi della terapia d’urto si scopre invece che «occorre incardinare la tutela della salute sul principale punto di contatto tra assistito e sanità: stiamo parlando del medico di medicina generale che - rilancia il sindacalista - deve svolgere il ruolo di principale attore nella gestione sostanziale del malato. Infatti, puntando a incentivare le funzioni del medico di famiglia, si può sostenere un piano di economizzazione delle risorse che prosegua nella gestione degli ambulatori territoriali e nell’assistenza ospedaliera, sia pubblica che convenzionata».
Per migliorare la cosiddetta offerta di salute il sindacato propone di far sì che il controllo della farmaceutica passi intanto attraverso i medici di famiglia che dovrebbero impegnarsi a tenere alzate le «serrande» degli studi almeno 8 ore al giorno per «avviare all’occorrenza anche consulti con gli specialisti ospedalieri e ambulatoriali attinenti alle patologie dei propri pazienti. Questo è uno dei punti cardine su cui basare la congruità delle prescrizioni sanitarie diagnostiche e farmaceutiche, senza che - incalza Romano - si tagli l’offerta sanitaria ai cittadini più deboli e si impongano tetti alle prescrizioni farmaceutiche».
In definitiva il sindacato autonomo punta l’indice contro una politica gestionale improponibile perché «taglia i servizi e aumenta le tasse in controtendenza con qualsivoglia procedura fino a oggi sperimentata e definita sensata - chiosa il segretario Fiasl -.

Contestualmente ci aspettiamo dalla giunta di tenere fede alle promesse già fatte qualche mese fa relative alla stabilizzazione dei precari che lavorano in sanità: ogni precario, lo ricordiamo, costa alle casse regionali una volta e mezza un lavoratore con il contratto a tempo indeterminato». Ora rimane da attendere che la giunta recepisca la contro-proposta della Fiasl.

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