«A Sanremo riconquisto l’Italia»

RomaTanto ce l’ha sempre con sé, il suo caratterino. Anche stavolta, e sarà la quindicesima, Toto Cutugno arriverà al Festival di Sanremo con quel bisogno sotterraneo e dolce di esser riconosciuto per quello che è: un signor autore che in trent’anni ha intercettato i gusti degli italiani (e non solo di quelli) meglio di tanti altri, fotografando un’Italia, talvolta Italietta e talaltra Italiona - insomma piena di lieve pathos ma priva di quella sociopolitica così noiosamente radical chic -, che altrimenti ci saremmo beatamente scordati. «Ho sempre composto con sincerità», dice. Però molta critica si è scatenata lo stesso: dagli a Toto Cutugno e chissenefrega se a venir premiati erano poi artisti nettamente meno rappresentativi. Un corto circuito che spesso ha scatenato il caratterino e, dai, c’è da capirlo con tutta quella storia dell’eterno secondo (al Festival) o dell’incazzoso (con i giornalisti) e via così. D’accordo, ora tutti conoscono L’Italiano oppure Gli amori, ma pochi (colpevolmente) ricordano che questo cantante sempre alla estenuante ricerca di quel nonsocosa ha scritto anche Soli per Adriano Celentano e Io amo per Fausto Leali, riempie sale da concerto in tutto il mondo e all’aeroporto molto spesso lo vanno a ricevere i capi di Stato, mica quattro gatti del fan club.
Caro Toto Cutugno, stavolta all’Ariston come la riceveranno?
«Spero bene. Il brano è proprio bello. Quando il direttore artistico Gianmarco Mazzi lo ha ascoltato, ha detto: “È il miglior Cutugno”. E poi c’è una piccola curiosità».
Dica.
«La mia prima volta a Sanremo - ero con gli Albatros nel 1976 - è stata con il brano Volo AZ504. Stavolta il brano si intitola Aeroplani: un’affinità di cui mi sono accorto soltanto dopo».
Il testo?
«È una storia d’amore struggente e morbosa da parte di lei. Con lui che non vuole rinunciare ma non sa se tutto ritornerà come prima».
E dopo l’Ariston?
«Uscirà un cd con i miei brani sanremesi con accluso un dvd con le immagini di tutte le mie esibizioni, una dopo l’altra».
Cutugno, lo sa che una superstar di Bollywood, Aamir Khan, ha venduto milioni di copie con la versione indiana de «L’italiano»?
«Quel brano è un inno. Una volta, al suo arrivo in uno Stato dell’Est europeo, per il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi è stato eseguito L’Italiano invece che Fratelli d’Italia».
Nel 2007 lei ha avuto un tumore.
«Un brutto ricordo. Per fortuna è passato».
Ha appena cantato a New York, al Cremlino i migliori artisti russi hanno interpretato le sue canzoni, insomma è sempre all’estero.
«E vuol sapere qual è la soddisfazione più grande? Molti stranieri hanno imparato l’italiano grazie alle mie canzoni. E molto spesso mi chiamano maestro».
Però qui qualche volta l’attaccano.
«Magari mi è mancato un buon ufficio stampa. Oppure la colpa è del mio caratteraccio. Però è anche vero che la stampa non può andare oltre certi limiti».
Ad esempio?
«Una volta hanno addirittura scritto che sono un ruffiano. All’estero mi chiamano maestro, qui mi danno del ruffiano. Ma non sono né l’uno né l’altro».
Tra l’altro lei è sempre stato privo di colori politici.
«Non ne ho mai parlato. Però ho incontrato alcune volte Silvio Berlusconi prima che diventasse presidente del Consiglio. Sono andato ad Arcore, mi ha fatto visitare la sua casa, mi raccontò di quando faceva il musicista e suonava in un gruppo che, mi pare, si chiamava I Dottores: talvolta era anche obbligato a suonare il contrabbasso. Abbiamo anche visto un Milan-Genoa insieme».
Gli portò fortuna?
«Finì 3 a 1. Ed esultai anch’io: il Milan è la mia squadra del cuore, ho anche composto un nuovo inno per la squadra. Lo voglio far sentire a Galliani: è più rockeggiante di quello del mio amico Tony Renis».
Lei vota Berlusconi?
«Politicamente non lo valuto, ma umanamente mi ha letteralmente stregato».
Perché lo incontrò?
«Voleva che andassi a Canale 5. Ma rifiutai per riconoscenza verso la Rai e verso Brando Giordani che mi aveva voluto là».
Ha condotto «Domenica In», «I fatti vostri», «Piacere Raiuno».
«Sempre andato d’accordo con tutti, da Simona Marchini a Massimo Giletti. Tranne la Parietti: litigavamo sempre. Una donna intelligente, Alba, mi è dispiaciuto non avere un bel rapporto con lei».
Si è appena pentita di non aver accettato l’offerta di Mediaset. Soprattutto per il denaro perso. Lei è ricco?
«Per me sì, ma la ricchezza è un concetto che varia da persona a persona».


È vero che Vasco Rossi le invidiava la sua rendita da diritti d’autore?
«Me lo ha anche scritto sulla dedica di un suo cd. Comunque io sono figlio di un maresciallo della Marina ed ero povero. Adesso posso permettermi quello che voglio. E mi basta».

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