Da un sapiente mix di antico e moderno nasce la «linea pura»

Conservare e innovare. Dedicare a ogni pezzo la cura del dettaglio tipica della tradizione artigiana e, contemporaneamente, proporre soluzioni all’avanguardia e meccanismi dall’elevato contenuto tecnologico. Facile a dirsi, ma non a farsi. Eppure, è proprio sul sapiente mix tra antico e moderno che si gioca il successo di un marchio nell’orologeria haut de gamme. Non a caso, è proprio questo il filo conduttore dell’attività di Paul Picot, maison con sede a Le Noirmont, nel Jura svizzero, ma nata nel 1976 dall’intuizione del milanese Mario Boiocchi, che ancora ne distribuisce i prodotti in esclusiva per l’Italia con la società Brm. Una «filosofia» creativa che in oltre tre decenni ha caratterizzato tutti i modelli del brand, ma che trova la sua espressione più compiuta nella collezione Plongeur: con la quale, a partire dal 1987, Paul Picot rivoluziona i canoni dell’orologeria sportiva, pur senza derogare ai concetti-cardine di storia, tradizione e cultura. Alla base di quella che all’epoca appare una scommessa azzardata, c’è l’idea della «linea pura»: vale a dire, solo la retta e il cerchio quali elementi costitutivi, senza altri ornamenti non essenziali. Risultato: il modello d’esordio della serie, l’A-Type, si presenta più che mai basic: 38 mm di diametro, cassa in acciaio con lunetta liscia e numerazione incisa in nero, è disponibile con cinturino in pelle di elefante o squalo oppure con bracciale in metallo, a sua volta ispirato alla «linea pura» della cassa. Attira l’attenzione la fibbia a portafoglio con doppia apertura laterale, sicurezza a pulsante centrale e doppia estensione, tra le prime del genere a essere montate su un orologio subacqueo professionale.
Già due anni dopo, nel 1989, il Plongeur raddoppia, affiancando al «capostipite» il nuovo B-Type, destinato a diventare uno dei best seller della casa, oltre che fedele compagno d’avventura dei piloti del team di offshore (primo tra tutti l’ex tennista Adriano Panatta) con cui in quegli anni Paul Picot gareggia nei campionati nazionali e mondiali. Un orologio capace di segnare un’epoca, insomma. Per dare un seguito al quale, non a caso, deve trascorrere oltre un decennio. Il momento arriva nel 2000, allorché al Salone dell’orologeria di Basilea viene presentato il C-Type, che inaugura una nuova era per la collezione Plongeur. Un’era contraddistinta da successi in oltre 20 Paesi del mondo, ma anche da alcune innovazioni, introdotte per dare ulteriore forza alla «linea pura» originaria. La lunetta, per esempio, presenta sulla base satinata una serie alternata della minuteria professionale, in rilievo e lucida. Mentre il quadrante, esclusivamente di colore nero, è caratterizzato da riferimenti ad altissima visibilità, con il 12 sovradimensionato che si affianca agli originali indici quadrati. E come dimenticare il disegno a scacchi sul quadrante e sul tipico cinturino in caucciù naturale, elementi di stile che ritroviamo anche nelle successive varianti? Nel terzo millennio, poi la famiglia Plongeur continua a crescere, per la gioia degli appassionati. Dopo la prima versione Chrono, nel 2006 arriva il Carré, un concept watch che esalta l’espressione del design più puro e rigoroso.

E la crescita non riguarda solo il numero delle varianti, ma anche le dimensioni: nel 2008, infatti, debutta un Plongeur con 48 mm di diametro. Cronografo oversize che, grazie al titanio, risulta comunque leggero e, quindi, indossabile senza problemi.

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