La telefonata era arrivata inaspettata il 15 luglio mattina. Troppo bello per essere vero. Eppure dall’altra parte c’era la voce di un agente della polizia di Trento: «L’abbiamo trovata. Sara è in Belgio». Fine di un incubo. La polizia ha ritrovato la piccola che era stata sottratta alla donna di Palermo. Quattro anni dopo Sara era diventata Fatima, una ragazzina di 8 anni che ricorda a stento l’italiano.
Tutto era iniziato quel maledetto 8 settembre, quando di sua figlia non c’era più nessuna traccia. Il pensiero è andato subito ad Alì. Il suo ex marito di origine marocchina. Da tempo le cose tra i due non funzionavano. Anzi, andavano malissimo. Litigi continui, incomprensioni. Una su tutte l’educazione della bambina. Secondo lui doveva crescere come una vera musulmana. Educata ai precetti dell’islam. Senza se e senza ma. La donna lancia subito l’allarme. Disperato. Angosciato. «Mi hanno preso la mia bambina». Generalità, nome, cognome, il colore dei capelli, occhi, altezza, i vestiti che aveva l’ultima volta che l’aveva vista. Ma di lei e del padre più nessuna traccia. Fa mente locale Maria, si ricorda di quel fratello di Alì che abitava a Trento. La Procura di Palermo avverte quella di Trento. La mobile di Trento riesce a individuare Alì. È alla stazione dei treni che sta partendo. Lo fermano. L’uomo è indagato per «sottrazione di minore». Ma il marocchino riesce comunque a mandare la bambina a Rabat dalla madre per studiare l’arabo. Sara resta dalla nonna per un anno e mezzo. Chiede della mamma, piange. Nessuno ovviamente risponde. Nel frattempo lui continua ad organizzare le cose. E lo fa pensando quasi a tutto. Falsifica i documenti della bambina, li fa modificare, il nome contraffatto diventa Fatima, gli cambia la data di nascita. La va a riprendere in Marocco e se la porta in Belgio.
La madre da Palermo intanto non si dà pace. «In Marocco Sara è stata portata con lo scopo di catechizzarla a quella cultura e farle dimenticare quella occidentale.
La polizia di Trento continua le indagini. Il caso è loro perché quella era stata l’ultima tappa in Italia. Poi le tracce si erano perse. «Dopo un anno di indagine, racconta ora Roberto Giacomelli, il capo della squadra mobile di Trento, i due, padre e figlia sono stati rintracciati ad Anversa, dove vivevano tranquillamente con nuove identità». In Belgio Alì Benjrhad ha un regolare permesso di soggiorno e su quel documento risulta il suo vero nome e cognome, ma quello della figlia è Fatima.
Ormai, quando non hanno più avuto dubbi sull’identità di quella bambina, hanno fatto irruzione. Martedì scorso è scattato il blitz. La polizia belga ha arrestato Alì.
Venerdì sera è partita una task force della polizia di Trento. Durante il viaggio la più agitata era lei, Maria. Dalla telefonata del 15 mattina, ogni giorno si era immaginata la scena dell’incontro. Immaginava le frasi che avrebbe detto, le lacrime, gli abbracci, la commozione, la paura di un rifiuto. Chissà quali storie le avrà raccontato il padre per convincerla a stare con lui, a non piangere.
Sara ormai ha otto anni. Un abisso la separa da quando l’aveva vista per l’ultima volta a quattro anni. Poi finalmente la realizzazione del sogno. «Una gioia grandissima riabbracciarla. Sara appena mi ha visto non ha avuto alcun dubbio, mi è venuta incontro e mi ha abbracciato», dice la mamma. «Ritrovarla è stato un grande successo, le ricerche sono state complicate perché l’uomo aveva cambiato l’identità della bambina», dice ora il capo della mobile Giacomelli.
L’altra sera la mamma e la bambina sono tornate in Italia. Il viaggio ormai è verso casa. Quella vera. Verso Palermo. Mamma e bambina ora devono prendersi un po’ di tempo per riconoscersi, per ricreare quella familiarità e intimità che quattro anni dopo non ci può più essere. Sara dovrà riabituarsi a voltarsi quando la chiamano così.
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