Milano - Dietrofront: l’ex brigatista Marina Petrella, ergastolo al processo Moro ter, non verrà estradata in Italia. Il presidente Nicolas Sarkozy ha sconfessato il suo governo che il 9 giugno scorso aveva dato l’ok al rimpatrio della donna. «Ragioni umanitarie», mettono le mani avanti all’Eliseo. La Petrella è da tempo ricoverata nel reparto di psichiatria di un ospedale della capitale e le sue condizioni sono precarie. A Roma però la notizia suscita «perplessità», sicuramente la scelta del Presidente è stata influenzata dall’«azione diplomatica» della moglie Carla Bruni che senza mezzi termini aveva dichiarato: «Una nelle sue condizioni va curata e non tenuta in cella». Quest’estate la sorella di Carla, l’attrice Valeria Bruni Tedeschi, era stata fra le pochissime persone che avevano fatto visita alla donna, e poi pressing sul Presidente per liberarla. Alla fine Carla, come scrive Libération sul suo sito, ha portato direttamente la buona notizia all’ammalata. Mercoledì scorso è andata, scortata proprio da Valeria, all’ospedale di Sainte-Anne, e ha detto alla donna: «Ho un messaggio da parte di mio marito, lei non sarà estradata». Di più: «Non si poteva lasciar morire questa donna - ha aggiunto la Bruni a Libération - la situazione era diventata intollerabile, pericolosa. Alla fine del nostro incontro, le ho chiesto di cercare di alimentarsi di nuovo, almeno di ricominciare a bere».
A Parigi minimizzano e non vogliono aprire contenziosi né rispolverare la dottrina Mitterrand, che aveva coperto la latitanza di molte primule rosse del terrorismo italiano. «I medici - spiega un comunicato dell’Eliseo - hanno concluso che la profonda depressione di cui la Petrella soffre è tale da mettere in pericolo la sua sopravvivenza. La decisione di non estradarla è stata adottata unicamente per la situazione di salute». In sostanza, l’ex br sarebbe a un passo dalla morte.
Dunque, il caso Petrella si chiude qua e, comunque si giri la questione, per il governo italiano questa è una sconfitta che brucia. Nel 2003 l’allora Guardasigilli Roberto Castelli e il suo collega Dominique Perben avevano studiato la mappa dei rifugiati in terra di Francia e avevano estratto un campione di dodici nomi cui applicare la linea dura. Fra questi c’era lei, la donna che aveva sposato il brigatista Luigi Novelli ed era stata condannata all’ergastolo al Moro ter, il processo in cui la giustizia ha fatto i conti con i sequestratori del magistrato Giovanni D’Urso e con gli assassini del generale dei carabinieri Enrico Galvaligi e del vicequestore Sebastiano Vinci. Insomma, la Petrella, sorella di un altro br, Stefano, rappresenta un pezzo di storia della colonna romana e dell’eversione italiana.
L’avevano arrestata l’anno scorso ad Argenteuil, nella banlieu di Parigi, dopo una latitanza durata quasi vent’anni. Il 14 dicembre la corte d’appello di Versailles aveva concesso l’estradizione e il 9 agosto il governo aveva firmato il provvedimento. Ora quel decreto è carta straccia. Sarkozy ha già dato disposizione in questo senso al Primo ministro, François Fillon.
«Questa decisione è inaccettabile - nota Olga D’Antona, vedova di Massimo -: lo Stato italiano non tortura nessuno ed è compito delle autorità competenti di questo Paese prendere una decisione nel merito delle condizioni di salute della Petrella, anche rispetto a un atteggiamento di clemenza». Duro anche Bruno Berardi dell’associazione Domus Civitas: «La Francia manca di rispetto a chi ha sofferto e moltiplica il nostro dolore».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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