Parigi - Nicolas Sarkozy piace sempre di più ai francesi. Che parli alla radio, durante una convention, a un giornale o in tv, l'effetto è sempre lo stesso: va su nei sondaggi. Secondo il settimanale Le Point, il vantaggio su Ségolène Royal al ballottaggio sarebbe addirittura di 8 punti. Un «SuperSarko», dunque, talmente sicuro di sé da tentare di sedurre anche l'elettorato di sinistra. Le Monde lo paragona addirittura al Mitterrand del 1988. Le frasi che il leader del centrodestra ha pronunciato lunedì sera in televisione evocano, infatti, i temi della campagna elettorale dell'allora numero uno socialista. «Voglio essere il presidente dell'apertura politica - ha dichiarato - la gente in gamba e perbene non si trova in un solo campo. Non farò compromessi prima, ma sarò pronto al dialogo dopo».
Ad ascoltarlo in prima serata c'erano oltre 8 milioni di telespettatori. Un record, nonostante la durata della trasmissione, andata in onda su Tf1: due ore, animate non dai giornalisti, ma da «cento francesi rappresentativi». Dar la parola al popolo, è questo il filo conduttore della campagna elettorale. Alla radio, su Internet e sulle altre reti televisive si moltiplicano i programmi in cui il candidato è posto direttamente a confronto con l'elettorato.
Fino a poche settimane in quest'arte eccelleva la Royal, che ha impostato la prima parte della campagna elettorale proprio sull'«ascolto della Francia reale», grazie agli oltre 4mila «dibattiti partecipativi» organizzati in tutto il Paese (l'ultimo ieri sera a Parigi). Ma Sarkozy ha imparato rapidamente, trasformandosi in un vero leader mediatico; proprio lui che più di una volta, in passato, era stato tradito dall'impulsività e dal gusto della provocazione. Ora, invece, domina il mezzo. Sempre sicuro di sé, ha citato con competenza molte cifre e statistiche, passando con disinvoltura da temi minori, come i radar sulle strade, alle grandi scelte di politica economica. E quando è stato attaccato, ha saputo rispondere senza offendere. Ha difeso il no ai matrimoni gay, ma «ha rifiutato di farsi trattare da omofobo». Ha sostenuto «che in Francia non si è poligami e che non si possono sgozzare gli animali nella vasca di casa propria» e quando una giovane «algerina e musulmana» si è sentita «offesa» da queste affermazioni, lui ha spento la polemica dicendo che lei non era algerina come lui non era ungherese.
«Sarko» ha saputo toccare i temi cari alla destra, anche quella estrema, e all'elettorato centrista; eppure i giornali ieri sottolineavano i suoi slanci riformisti. Approfittando dell'evidente difficoltà di Ségolène ha rassicurato quell'elettorato che vede in lui un populista dalle maniere forti, ha tentato di convincere qualche «incerto di sinistra», presentandosi come il candidato «anti-sistema», osteggiato dalle élites che dal dopoguerra occupano i posti chiave nell'Amministrazione pubblica e nelle grandi imprese. Anziché proporre tagli allo stato sociale ha insistito sulla creazione di posti di lavoro, quale unico, vero modo per restituire potere d'acquisto alle famiglie, tartassate dall'aumento dei prezzi provocato dall'euro e sempre più indebitate. Sarkozy, insomma, ha saputo differenziare il messaggio per soddisfare le aspettative delle diverse tipologie di elettori, senza mai contraddirsi. Un piccolo capolavoro.
Tutto l'opposto di quel che accade nel campo avverso. La Royal non riesce a costruirsi una chiara identità politica e ogni giorno subisce attacchi provenienti dagli ambienti amici. Ieri sera, ad esempio, l'ex premier Jospin ha disertato il dibattito nella capitale per «irrinunciabili impegni personali».
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