dal nostro inviato a Bruxelles
Tre giorni buoni tutti incentrati sul vertice europeo, nella stampa internazionale. E sempre in prima pagina. La Merkel alla sua prova del fuoco, Blair all'addio, Sarkozy al primo, delicato impatto, i Kaczynski alle prese col doppio salto mortale. Chi più, chi meno, sulle pagine dei quotidiani francesi, inglesi, belgi, spagnoli, c'erano tutti o quasi i leader europei impegnati nella sfida di giugno che i quotidiani d'Oltremanica, con un ipernazionalismo che in Italia non ha mai trovato spago neanche tra gli ultrà, hanno scelto di paragonare alla battaglia d'Inghilterra in cui i piloti inglesi e polacchi arruolati nella Raf avevano respinto gli attacchi della Luftwaffe. Tutti, tranne Romano Prodi, la cui presenza era segnalata un paio di giorni or sono solo da El Pais, in una foto, in cui era dato come allineato e coperto dietro Zapatero.
PRODI 4,5 - Persino il lussemburghese Juncker e il ceco Topolarek figurano nella squadra dei mediatori i quali, assieme a Blair e Sarkozy, hanno saputo condurre il gioco in porto. C'è chi dice che Barroso si sia impegnato a fondo, chi nota il ruolo dell'olandese Balkenende; ma del premier italiano non c'è cenno. Il fatto poi che nella cruciale giornata di sabato abbia preso il largo - proprio mentre infuriava la tempesta - per andare a tastare il polso della sua maggioranza e per telefonare a Veltroni e discutere con lui quanto il sindaco di Roma dirà mercoledì prossimo a Torino, candidandosi alla guida del Pd, conferma la sua completa estraneità dal summit. C'è chi dice sia già nei panni di de Villepin quando Sarkozy avanzò la sua candidatura all'Eliseo. Ovvero un morto che cammina.
MERKEL 5,5 - La spunta, ma a che prezzo? In Germania, a poche ore dal rush finale già le rimproverano gli eccessivi cedimenti a polacchi e inglesi. Anche la vantata intesa con Parigi ha funzionato a sprazzi, visto che Sarkozy le ha strappato la concorrenza e ha fatto sapere che è stato lui a dover ricucire lo strappo che la «ragazza» - così la chiamava Kohl - aveva avventuristicamente tentato con Varsavia. In più l'Europarlamento, guidato da Poettering, uno dei suoi fedelissimi, è in fibrillazione perché ha dato agli olandesi il potere di contestare le direttive comunitarie là varate. Il suo semestre faceva presagire qualcosa di meglio di quel che è poi stato.
BLAIR 6,5 - A Londra lo sospettavano di tradimento, temevano avesse ceduto alle lusinghe di poter essere il primo presidente pluriennale della Ue in cambio di cessioni di sovranità britanniche. E invece il premier ha mantenuto la parola data: niente concessioni, semmai un nuovo «sconto inglese» per cui la Gran Bretagna seguiterà a fare da sé tanto nella legislazione che in politica estera. In cui si è assicurato stabilità nel Consiglio di sicurezza Onu. La ruggine con Brown resta, tanto più che il suo successore ha digerito male la cancellazione della concorrenza, ma spazi per un referendum con cui bocciare il trattato, pare non ce ne siano.
SARKOZY 6,5 - Al primo grande appuntamento, mastica come e forse meglio di Chirac che per anni ha tenuto sotto controllo questi rumorosi e affollati meeting. Convince i polacchi a una onorevole resa, si batte per preservare la francesità dei servizi essenziali e la intasca senza colpo ferire. In più si procura la chance per nulla insignificante di poter essere lui, nel secondo semestre del 2009 - quando la presidenza toccherà ai francesi - a poter dare l'avvio al nuovo trattato col presidente di due anni e mezzo che dovrà esser scelto sotto la sua regia.
KACZYNSKI 7 - Saranno anche, come si ostinano a giudicarli i critici, due fenomeni da baraccone più che politici navigati. Ma intanto hanno ottenuto per il loro Paese molto più di quanto si potesse immaginare. Tanto da costringere persino il numero due della commissione, il socialdemocratico tedesco Verheugen, a rilevare come la Polonia avesse preoccupazioni da non sottovalutare.
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