RomaQuel BHL, come lo abbreviano i francesi, cioè il filosofo prezzemolino Bernard-Henri Lévy, uno di quelli che amano «dare lezione sui diritti umani prendendo il caffè a Boulevard Saint Germain», zona radical-intellettuale parigina, ecco quel BHL non ha capito che la Francia ha il dovere di «ricevere un capo di Stato che ha scelto di rinunciare definitivamente al terrorismo e di risarcire le vittime». Quel capo di Stato da accogliere con rispetto e onori a Parigi è lattuale bestia nera di Sarkozy, Muammar Gheddafi. La ragion di Stato qualche anno fa suonava una melodia diversa, anzi opposta, allEliseo. Quel beduino installato con la sua corte in una tenda riscaldata dentro il parco dellHotel Marigny (a due passi da Place de la Madeleine e dalla residenza di Sarkozy) era forse quel «grande terrorista che prende ostaggi internazionali», come denunciava BHL, ma anche un tizio con cui il presidente francese, nel dicembre del 2007, chiuse - dopo una visita di qualche giorno - una serie di accordi commerciali (21 aerei Airbus venduti, accordi sul nucleare civile e attrezzature militari) stimate, da Sarkozy in persona, in 10 miliardi di euro. Un terrorista, forse, ma anche un ottimo cliente per lindustria tecnologica francese. Anche se però il grande affare prospettato da Sarkozy si sarebbe rivelato un mirage, un miraggio, con la gran parte di quelle commesse sfumate.
Difficile, comunque sia, far capire allopinione pubblica e ai soliti intellettuali pacifisti che la real politik impone qualche compromesso quando ci sono di mezzo gli interessi nazionali. Ci aveva provato il portavoce di Sarkozy, spiegando che la contropartita dei 400 cortigiani di Gheddafi a Parigi sarebbe stata succulenta. Non solo il «rafforzamento dei legami tra Francia e Libia» ma buone nuove anche per «un certo numero di istituzioni» francesi, come lIstituto nazionale dellaudiovisivo, lIstituto del Mondo Arabo di Parigi, il Museo del Louvre, che faranno accordi con Tripoli. Poi cera la prospettiva di «concludere positivamente una serie di contratti in settori come lenergia, il nucleare, ma anche lagricolutra e la sanità». Parigi puntava a vendere a Gheddafi gli aerei da caccia Rafale, lapparecchio che la Dessault non era mai riuscita a piazzare allestero, e che ora - ironia della storia - vola per davvero sopra Tripoli, ma per altri motivi.
Il quotidiano gauchista Libération pochi giorni fa ha rivelato che lo scorso ottobre il governo francese ha firmato un accordo con il Raìs per «una cooperazione strategica in ambito di trasporto, sanità, costruzioni, idrocarburi e energia nucleare civile». Già nel 2007, come ha raccontato ilGiornale.it, il colosso pubblico francese Areva aveva provato a vendere un reattore nucleare alla Libia, naturalmente per scopi civili (la desalinizzazione dellacqua marina) ma con inquietanti risvolti sollevati dagli opinionisti francesi. Sempre Libération alla vigilia della visita (con tenda) a Parigi nel 2007 aveva dedicato le sue prime tre pagine a «Le cattive compagnie di Sarkozy». Sei foto con gli «amici» di Sarkò, da Chavez a Putin, dal presidente del Ciad Idriss Deby a quello siriano, da Hi Jintao al nostro Gheddafi. Frequentazioni che offendono le campagne per i diritti umani e che, secondo il quotidiano della sinistra parigina, costituiscono lessenza del «metodo Sarkozy».
Ma il presidente si è dovuto scontrare, durante il suo idillio con il raìs, non solo con lestrema sinistra ma con tutta lintellighenzia francese. Si ricorda, in quei giorni, un durissimo editoriale di Le Monde su Nicolas Sarkozy che «non mantiene la parola» ricevendo Gheddafi. E una contestazione altrettanto violenta al presidente da parte delle associazioni per la difesa dei diritti umani, da quelle ebraiche, dallopposizione socialista ma anche da esponenti dello stesso governo, come lallora sottosegretario Rama Yade e lex ministro degli Esteri Bernard Kouchner.
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