Strano fenomeno culturale, Roberto Saviano. Vende due milioni di copie e fa dieci milioni di spettatori. Ma la piazza non lo sopporta e i salotti lo schifano. Lo scrittore-icona che fino a poco tempo era Intoccabile ora è preso a mazzate, bipartisan.
Giovedì, dopo gli scontri di Roma, Saviano ha scritto su Repubblica una lettera aperta agli studenti condannando le violenze e prendendo le distanze dai manifestanti. I quali hanno reagito malissimo: il collettivo «Senza Tregua», per esempio, ha dichiarato: «Noi, Roberto, per usare uno slogan a te caro, siamo di quelli che non vanno via. Siamo di quelli che restano, perché è qui che vogliamo il nostro futuro, ed è per questo che vogliamo lottare». Mentre il collettivo universitario di Napoli lo ha accusato di non capire ciò che è accaduto: «Non siamo né imbelli né imbecilli. La creazione del “militante immaginario” che ci hai regalato è degna dei peggiori testi di fantascienza. Quelli che descrivi come “anarchici in tuta nera”, quei “cinquanta o cento imbecilli, piagnucoloni” siamo in realtà noi tutti, studenti, lavoratori, disoccupati». Delusi, sconcertati, incazzati, gli studenti hanno attaccato duramente lo scrittore sui blog, sul sito di Repubblica e ieri anche sulle pagine del quotidiano dove l’autore di Gomorra ha dovuto rispondere alle proteste (che pure erano già state scremate a suo vantaggio).
La sinistra di lotta e di piazza non si riconosce più nel proprio eroe e scopre che anche lui è umano. E se è un uomo, può sbagliare.
Che sbaglia, a Saviano glielo stando dicendo in tanti, così tanti che difenderlo sono rimasti giusto quelli di Farefuturo, che è tutto dire. Ovviamente la correttezza impone che prima di randellarlo si premetta la frase di rito, una variazione sul tema: «Il suo libro è un grande atto d’accusa contro la mafia e il suo impegno civile non si discute eccetera eccetera, detto questo...». Detto questo poi iniziano a impallinarlo, da destra come da sinistra. Le critiche hanno toccato il culmine quando debuttò a Vieni via con me: Aldo Grasso scrisse di trovarlo «non efficace, ripetitivo, stretto nel personaggio Saviano»; Marco Travaglio lo spettinò dicendo che ha allestito il presepe del perfetto progressista che alla lunga stufa, e che comunque da lui si spettava di più; Giampaolo Pansa prima lo mise in guardia dal fidarsi di uno come Fazio e poi li stangò entrambi accusandoli di aver privatizzato la Rai; Giampiero Mughini gli spiegò che nonostante il suo libro e le minacce ricevute, non è il martire che pensa di essere; Fabrizio Rondolino lo uccise verbalmente dicendo che «più che un professionista dell’antimafia, Saviano sembra un pupazzo del Grande Fratello»; Beppe Grillo lo liquidò come ignavo e persino un noto cuor-di-leone come Paolo Bonolis, ieri, ha accennato al fatto che Vieni via con me «tecnicamente poteva essere più brillante, mancava di un po’ di leggerezza». Ha detto proprio così: «un po’».
Saviano, che sarà anche un campione della lotta antimafia ma è il personaggio pubblico più pesante che esista, ha spaccato il movimento studentesco, ma anche qualcos’altro. Glielo stanno facendo notare gli studenti, e pure l’intellighenzia. A parte la feroce stroncatura del mito di Gomorra firmata dal sociologo del Manifesto Alessandro Dal Lago, Pietrangelo Buttafuoco sul Foglio ha spiegato meravigliosamente come Saviano, complice il gatto Mazzetti e la volpe Fazio, da protagonista del grande teatro antimafia sia caduto nella botola televisiva del luogo comune. E tre giorni fa, intervistato su Sette, il disegnatore satirico Vincino lo ha cancellato con un tratto di gomma: «Trovo indigeribili i padri della patria di ottant’anni. Figuriamoci quelli di trenta. Troppa retorica». Mentre sul Riformista, in un’intervista fiume curata da Francesco Borgonovo, Aldo Busi ha sentenziato: «Saviano non è uno scrittore, è un giornalista, sarebbe come dire che Cristina Parodi è Marilyn Monroe... Ho cercato anche di leggerlo su Repubblica. Ragazzi, gronda retorica come io cerume da decompressione aerea. E non ci racconta mai niente di sé ... La sua mi sembra una solitudine molto affollata, un Rotary di cene da ex Cenerentole tutte col faccino tuttora contrito per mestiere...». Per finire, ieri, lo scrittore della sinistra antagonista Valerio Evangelisti, il bestsellerista del ciclo dell’inquisitore Eymerich, sul sito Infoaut lo ha crocifisso: «Saviano ha scritto, nella sua unica opera narrativa, verità innegabili sulla camorra. Gliene siamo tutti grati. Ha però interpretato la gratitudine collettiva come un’autorizzazione a predicare sempre e comunque, anche su temi di cui sa poco o niente».
Ci manca solo un terrorista che gli dia lezione di morale.
E infatti, ieri, su GQ.
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