Sbanda il pubblicitario Raoul Bova tra motorini e tormenti del cuore

Non c’è due senza tre. Purtroppo. Così dopo Tre metri sopra il cielo e Ho voglia di te, Federico Moccia mette in scena Scusa ma ti chiamo amore, anch’esso tratto da uno dei suoi tremendi romanzi di incredibile successo. Stavolta il poliedrico figlio d’arte (il padre era il compianto Pipolo), oltre ad aver scritto la sceneggiatura, si è inventato regista. Alle musiche e ai costumi provvederà più avanti. La commediola si svolge nella Roma bene, dove l’affranto pubblicitario Alex (Raoul Bova), appena piantato dalla nevrotica fidanzata Elena, va a sbattere con il Suv contro il motorino della graziosa liceale Niki (Michela Quattrociocche). La ragazzina, che fa clan con le amichette Olly, Erica e Diletta, riempie di bugie l’indulgente mamma (Cecilia Dazzi) e il distratto papà (Pino Quartullo), mentre si prepara svogliatamente alla maturità. Quell’uomo tenero e disponibile fa presto breccia nel cuore della teenager, e lui, pur impegnato in una campagna decisiva per la carriera, ci mette poco di più per innamorarsi. Ma vent’anni di differenza sono tanti. O no? In sintesi una desolante zuppetta sentimentale, gonfia di atroci banalità sui tormenti del cuore e i conflitti generazionali. Il barbalunga Raoul Bova mostra il petto irsuto sotto il volto da bello senz’anima, ridicolmente fuori parte sia negli assurdi battibecchi professionali, sia nelle stucchevoli manfrine con la graziosa Michela Quattrociocche. Una cretina (il personaggio, ovvio) che chiunque avrebbe preso a calci al primo incontro.

Complimenti alla voce fuori campo di Luca Ward, defilato nel ruolo di un improbabile investigatore, sorprendente per la capacità di non sbellicarsi davanti alle idiozie che gli tocca dire.

SCUSA MA TI CHIAMO AMORE (Italia, 2007) di Federico Moccia con Raoul Bova, Michela Quattrociocche. 105 minuti

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