Prima i due schiaffoni del Messico, poi il polpaccio ferito di Andrea Pirlo. Uno-due: una sequenza da stendere un toro, non probabilmente Marcello Lippi che ha maledetto Bruxelles e tutto il resto prima di rinchiudersi in ufficio per discutere con lo staff sulle decisioni da prendere. Sono più di una e tutte decisive per il mondiale che è alle porte. Precedenza al test di giovedì sera in Belgio, dall’esito disarmante e non solo per il danno prodotto al ristretto numero di mondialisti affidabili: ha preso a martellate le poche certezze e determinato nella truppa, rimasta in silenzio, molti e clamorosi ripensamenti. Il ct l’ha corretto quasi al volo, appena ha intuito che sarebbe andato al massacro contro una rivale in palla e con la gamba leggera, molto ben allenata dai test precedenti con Inghilterra (presi tre gol) e Olanda (collezionate due reti), entrambi scanditi da altrettante sconfitte. «Ho dovuto farlo perché Di Natale denunciava qualche acciacco» la sua spiegazione pubblica. In verità ha colto al volo il disagio collettivo e anche lo sbandamento dell’azzurro più atteso al varco, Marchisio battezzato nel ruolo inedito di supporto centrale al centravanti. Sull’argomento, ieri mattina, è intervenuto Vincenzo Iaquinta, un ragazzone semplice e sincero, abituato a dire pane al pane e vino al vino, anche se c’è da scomodare un santone come Lippi.
«Io sono più portato all’attacco che a difendere e mi trovo meglio a sinistra che a destra ma il ct mi ha chiesto di sacrificarmi per la squadra e io lo faccio. È lui che decide la formazione, non posso andare da Lippi e dirgli: vorrei giocare da un’altra parte perché altrimenti mi manda via dalla Nazionale» il ragionamento lineare e anche molto concreto di questo calabrese rispettoso delle gerarchie e delle abitudini e che ha rimesso piede nel club Italia dopo aver perso un anno nella Juve a rincorrere la salute migliore. È stato leale fino in fondo e ha fatto cogliere ai cronisti il senso della sua dichiarazione: non c’è una convinta adesione alla nuova formula tattica concepita da Lippi, forse attratto, dinanzi alla tv, dall’idea di duplicare la trovata di Leonardo (4-2-fantasia) oppure il magico disegno di Mourinho con l’Inter del triplete. Per far funzionare quell’impianto così ardito, c’è bisogno di un gruppo in piena forma fisica, convinto e dai meccanismi ormai collaudati: condizioni che non esistono in una squadra che prima del Sestriere dall’inizio del 2010 si è vista due volte, col Camerun in marzo, e poi per uno stage romano ai primi di maggio.
Con questo macigno sulle spalle, Lippi e i suoi oggi possono rimettersi in aereo e volare verso Ginevra per completare l’addestramento pre-mondiale con l’amichevole con la Svizzera. Quattro anni prima portò fortuna. Chissà se c’è della scaramanzia anche in questo dettaglio organizzativo. Come già annunciato, ci sarà spazio a sufficienza per le seconde linee. A casa, con Pirlo, sono tornati anche quattro delle cinque riserve: è rimasto al Sestriere solo Cossu, destinato a prendere il posto di Camoranesi, ancora fermo per il suo acciacco al ginocchio sinistro. Annunciato anche il ritorno di Chiellini, questa volta da centrale, al fianco di Bocchetti, un deb, che vuol dire un ripensamento sull’altro progetto coltivato nei giorni precedenti: e cioè Chiellini laterale sinistro. Bonucci è stato “impallinato” dalla critica a causa del primo gol (s’è lasciato scavalcare dal cross destinato a Vela) e dell’ammonizione rimediata: troppo e ingiustificato rigore per il giovanotto che ha della stoffa oltre che personalità e vocazione a trovare il gol nel mischione.
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