Lo scaffale in alto Lafcadio Hearn, tutto il sapore del vecchio Giappone

Sullo scaffale in alto delle librerie di casa stanno i libri non freschi di stampa e non recensiti da tutti i giornali. Ma da leggere. Come «Nel Giappone spettrale», di Lafcadio Hearn (Tranchida, 1991, a cura di Gabriella Rovagnati)

Sullo scaffale in alto delle librerie di casa stanno i libri non freschi di stampa e non recensiti da tutti i giornali. Ma da leggere. Come Nel Giappone spettrale, di Lafcadio Hearn (Tranchida, 1991, a cura di Gabriella Rovagnati).

«Lafcadio, chi era costui?». «No». La risposta è «no». Non era un Carneade, fino a qualche decina d'anni fa, il figlio d'un medico militare anglo-irlandese e di una greca, nato nel 1850 nell'isola ionica Leucadia o Lafcadia, dalla quale appunto prende il nome (di cognome faceva Hearn).
Non lo era negli Stati Uniti, dove emigrò ventenne, prima a Cincinnati e poi a New Orleans, a fare il giornalista. Non lo era in Francia, perché durante il periodo americano tradusse in inglese, fra gli altri, Anatole France, Guy de Maupassant e Gustave Flaubert.
Non lo era soprattutto in Giappone, dove si trasferì nel 1890 per una serie di reportage. Nella terra del Sol Levante, Lafcadio visse il periodo più radioso. Laggiù trovò la sua ultima (o forse unica) patria elettiva. Decise quindi di non considerare come una semplice vacanza di lavoro la trasferta in Oriente, ma come la conquista della terra promessa. Si mise a insegnare l'inglese, si sposò (per la seconda volta, dopo il legame - che all'epoca era proibito - con un'africana negli Usa), divenendo quindi naturalizzato giapponese e assumendo il nuovo nome di Koizumi Yakumo. Morì nel 1904, quando il Giappone aveva già intrapreso la strada che lo allontanava dalle sue tradizioni. La stessa strada che lo allontanava da lui, Lafcadio Hearn.
Perché il Giappone di Hearn è un mondo che nulla ha a che fare con l'Occidente. Non un arcipelago, ma una sola isola sperduta nel mare che fluttua e galleggia cullata dalla tradizione. È il Giappone dei samurai e dei templi buddhisti; di una poesia sensibile alle più impercettibili vibrazioni vitali e dei riti imperiali; dove crudeltà e dolcezza procedono sullo stesso binario; dove l'evidenza è mistero e il mistero è evidente.


Un mondo ben simboleggiato dagli spettri (che per loro natura sono e non sono, dicono e negano) che in questo libretto Hearn «estrae» dal cilindro del profondo conoscitore di storia e leggende. Sono nove preziosi cammei che hanno per protagoniste per lo più eteree fanciulle le quali, come geisha dell'anima, deliziano l'ospite. Anche e soprattutto l'ospite occidentale.

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