Scajola: «Il caso Fregate è chiuso»

Scajola: «Il caso Fregate è chiuso»

Maria Vittoria Cascino

«Il problema Fremm è risolto. Io sono qui a testimoniare l’interesse del Governo per una realtà produttiva come Fincantieri, fiore all’occhiello dell’industria italiana». Questo l’esordio del ministro alle Attività Produttive Claudio Scajola ieri in visita allo stabilimento Fincantieri di Riva Trigoso. Un un messaggio positivo sullo stato di salute dell’industria ligure e sulla necessità di collaborazione fra aziende per diventare competitivi.
Ad attenderlo i vertici dell’azienda, sindacato e maestranze. Per sentirglielo dire lì, in casa loro, che i soldi ci sono, che le fregate partono, che i dipendenti possono tirare un sospiro di sollievo. Perché c’è un accordo Italia-Francia per la costruzione di 27 fregate europee multi missione, di cui 10 destinate alla marina militare italiana, che garantiranno occupazione per gli anni a venire e cui si stanno interessando anche le marine straniere. Il ministro, elmetto blu ben calcato, attraversa l’intero cantiere mentre gli ingegneri lo relazionano sull’attività in corso. L’Andrea Doria, fregata classe Orizzonte, che dopo il varo virtuale è rimasta sugli scalmi in attesa del carrello che la adagi in mare. La gemella, la Caio Duilio, in lavorazione. Il traghetto veloce Gotland destinato a un armatore svedese. Gli raccontano tutto, dal taglio delle lamiere all’allestimento. Di un’azienda che è leadership mondiale nella costruzione di navi da crociera e traghetti, «e sul militare stiamo facendo cose che nessun cantiere al mondo sta realizzando» insiste Giuseppe Bono, amministratore delegato Fincantieri.
Bono torna sulla svolta decisiva confermata da Scajola, sul finanziamento pluriennale attraverso mutui per un totale di 2 miliardi e 25 milioni di euro. Trenta milioni l’anno per 15 anni a partire dal 2006, idem dal 2007 e 75 milioni, per 15 anni, dal 2008.
Dopo l’incontro con i vertici aziendali l’atteso confronto, a porte chiuse, con i sindacati. Domande serrate e risposte concrete, in cui il ministro dà un’informativa dettagliata sul finanziamento delle fregate. «Devo dire con piacere che ho raccolto ringraziamenti per quello che abbiamo fatto - riferisce Scajola -. I sindacati sono tranquilli. Mancherà ancora qualche passaggio, una firma, ma nella sostanza è risolta». Parla delle risorse spalmate, individuate nell’ambito dei capitoli di bilancio del suo ministero, che consentono di finanziare la partenza del progetto con le due prime fregate che sono poi i prototipi.
Poi sterza su Fincantieri, sul fatto che è «il gruppo più importante in Europa per la costruzioni di navi. Ha bilanci positivi, molte commesse, lavora sul civile e militare. Occupa 10mila persone e altrettante nell’indotto». Insomma: «Un buon esempio per le altre aziende». Inevitabile una battuta su Esaote: «L’azienda va bene. È proprietaria da poco della Bracco. Può darsi che cambierà proprietà nelle prossime settimane e sarebbe un fatto comunque positivo, perché sempre nell’ambito di sviluppo di una realtà che svolge molto bene i suoi compiti. Quindi non allarmiamo la gente. Credo che in un’economia globalizzata sempre più avremo aziende che collaborano con altre aziende in ambito europeo e mondiale: l’essenziale è che il nucleo di comando, che significa progettualità e potere decisionale, sia ben saldo in mani italiane».

E poi il problema della delocalizzazione della produzione, problema che ha investito piccole e medie realtà del Levante Ligure: «Un problema italiano nella competitività è la dimensione ridotta delle nostre aziende. Dobbiamo allargarle. Devono fondersi tra loro, investire e cercare commesse fuori dall’ambito nazionale. È la logica dello sviluppo: innovare per poter competere».

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