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Scala, dalla Cina l’orchestra intona lo sciopero

«I macchinisti guadagnano come noi»

nostro inviato a Pechino
Si sciopera a Milano ma non a Pechino. La Filarmonica della Scala si è esibita per la seconda serata in Cina, un successone nella capitale come il giorno precedente a Shanghai.
Prima volta tra i cinesi, pubblico imprevedibile, difficile e temuto. Tutto da conquistare. Ma l'orchestra, diretta da Myun-Whun Chung è filata diritta verso gli applausi. Rossini, Puccini, Verdi, Tchaikovskij. E a loro, i musicisti in campagna d'Oriente, sembra quasi impossibile che mentre all'estero li osannano, a casa li aspetta la guerra sindacale.
Autunno caldo? «Anche oltre, arriveremo in inverno» manda a dire da Pechino Sandro Malatesta, leader Fials, il sindacato degli orchestrali. I musicisti si sono riuniti in una pausa delle prove a Shanghai per parlare.Un'assemblea sindacale in trasferta per commentare lo sciopero in difesa dei macchinisti indetto dalla Cgil a Milano e concordare le mosse future. Loro hanno già proclamato (e mai ritirato) lo sciopero su tutte le prime tre rappresentazioni e hanno minacciato il Don Carlo del 7 dicembre, l'apertura di Sant'Ambrogio, sacra ai milanesi. L'intenzione è andare avanti a testa bassa, perché il contratto siglato da Cgil, Cisl e Uil è da bocciare. Davanti al mausoleo di Mao celebrano la fine dell'ugualitarismo tra compagni lavoratori. Chiedono un contratto tutto per loro, orchestrali, coro, ballerini, perché le masse artistiche (come si dice in gergo) vivono di vita e problemi a sé. «È ora di tornare a parlare di professionalità. È come se gli ingegneri dovessero avere lo stesso contratto di chi pulisce i bagni» argomenta uno dei tanti scontenti. Malatesta e i suoi proseguono nel cahier de doleances: la Scala ha troppi impiegati e il costo del loro lavoro penalizza i musicisti; tra indennità e straordinari i macchinisti arrivano a guadagnare come professori d'orchestra. E poi c'è quella scala parametrale che livella gli artisti verso il basso e che proprio non va. O si cambia o sarà un autunno rovente. Siamo all'ultima tappa di una tournée che li ha portati in giro per l'Asia, da Tokyo a Osaka e poi Seul, fino alla Cina. Strumenti in spalla, come prevede il contratto. Non è sempre facile quando sali e scendi da pullman e aerei a orari improbabili, ma è prevista un'indennità e allora la fatica si sente un po' meno. «Adesso vogliono togliercela e inserirla nello stipendio. Come se un impiegato dovesse portarsi dietro il computer dalla scrivania a suo carico» si lamenta Malatesta. Forse confida che i successi cinesi attireranno attenzione e grazie e metteranno fine agli scontri.
I giornalisti cinesi, in conferenza stampa, come prima cosa hanno chiesto alla Scala di tornare con un'opera completa.

«Adesso siamo centoventi, per allestire un'opera servono cinquecento» ha spiegato il direttore artistico della Filarmonica, Ernesto Schiavi. Ma il teatro ci sta pensando e forse l'impresa si compirà per l'Expo 2010 di Shanghai.

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