La Scala perde i pezzi e cade un cornicione: vanno in scena i pompieri

Alle 13.30 di ieri un pezzo della Scala si abbatte al suolo. Non è un macigno: si tratta dell’angolo sinistro del primo poggiolino su via Verdi. Non ha di certo fatto «Tatatan», come la Quinta di Beethoven, oppure «Pon! Pon! Pon!» come l’attacco di Va’ Pensiero di Verdi; forse solo un sordo «Pluf!». Ma come si dice in musica quando si parla del salisburghese Wolfgang Amadeus, ovvero «Mozart è Mozart!», si può altrettanto affermare: l’intonaco precipitato non è una montagna di calce - per fortuna -, ma «la Scala è la Scala!».
Alle 15.30 i Vigili del Fuoco, intervenuti per un sopralluogo, sono d’accordo sul semplice concetto, espresso non solo dai melomani. Conferma l’ingegner Luca Scrofani, con la divisa del corpo e l’elmetto di protezione: «Il danno non è di rilevante portata. Accade nei palazzi antichi della città. Sono episodi di corrosione dovuti all’inquinamento, alle vibrazioni del traffico, agli sbalzi di temperatura. Ma una cosa è il distacco di un pezzetto di cornice in un qualsiasi altro stabile, un’altra cosa è la Scala!».
Più «democratica», Lucia Castellano, napoletana, neo assessore comunale alla Casa, Demanio, Lavori Pubblici. Forse perché un tempo vinse un premio, «Donna fuori dal coro», esce spontanea dal coro dei Vigili del Fuoco. «Cosa vuole che le risponda? - afferma -. Sono qui da soli dieci giorni. Ancora non riesco a rendermi conto di cosa poter pensare della caduta di un pezzo di un cornicione di un palazzo di Milano». Secondo lei la Scala è un palazzo qualunque? «No, certo che no. Ma il nostro compito di amministratori è di preoccuparci di tutto quello che accade intorno a noi. Sarei attenta anche se fosse ceduta la parte di un poggiolo di Quarto Oggiaro. Per quanto riguarda il teatro, valuteremo il da farsi...».
Le fanno eco i Vigili del Fuoco: «Adesso i commenti saranno ancora per una volta le consuete ripetizioni. Si dirà che si deve rinvigorire il monumento. Ristrutturarlo. Lo si afferma da anni, ma nessuno ha mai messo mano a queste mura fin dalla loro costruzione». Ci si è sempre fidati che la struttura potesse reggere nei secoli. Sempiternamente. Invece ora la nota di cedimento è un fatto suonato. «Non possiamo prevedere se si verificheranno cadute in altre parti - conclude l’ingegner Scrofani - e cerchiamo di essere ottimisti; un dato è certo: da cinque anni lavoro nel corpo e a questa “bellezza“ non era mai accaduto nulla. E’ il primo sfregio che la danneggia. Ci deve far riflettere. Molto».
Non era andata fuori dal coro Maria Teresa d’Austria, quando decise di realizzare il Teatro Scala nel 1776, sulle ceneri del precedente Teatro Ducale, a sua volta sorto sul sito della chiesa di Santa Maria alla Scala. Di qui il nome del tempio dell’opera più celebre al mondo, inaugurato nel 1778.

Aveva fatto le cose a puntino l’imperatrice: il tutto ha tenuto per ben 235 anni. Ora un’altra signora dovrà rivolgerci il pensiero, in modo che neppure un centimetro della Scala si possa dire che «va’», ma che tutto in questa «bellezza» rimanga.

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