Politica

Scalata alle banche: sono 15mila le intercettazioni

I magistrati smentiscono che siano stati messi sotto ascolto telefoni di parlamentari. Ma il presidente del Senato, Pera, ha chiesto che gli venga inviata la documentazione

Gianluigi Nuzzi

da Milano

In appena un mese d’inchiesta sui chiaroscuri di Antonveneta, sulle scalate a Bnl e sulle operazioni della Banca Popolare italiana, la Procura di Milano ha intercettato 14mila conversazioni telefoniche, compiute tra gli indagati. Il dato esatto è in elaborazione ma considerando tutti i brogliacci stilati, i cd rom ancora da trascrivere, i numeri seriali e progressivi indicati nelle relazioni investigative della Guardia di Finanza, gli inquirenti stessi concludono arrivando a un numero tra le 14mila e le 15mila intercettazioni.
Questo significa che sono state ascoltate circa 500 telefonate al giorno. Un numero impressionante che vede gli indagati utilizzare di diversi telefonini. La parte maggiore di queste conversazioni riguarda la vicenda Antonveneta, mentre solo una parte affronta il capitolo Unipol. Ma i contenuti delle intercettazioni, al di là di quelle contenute nel decreto di sequestro del 40 per cento delle azioni Antonveneta, sono noti a pochi.
Il moltiplicarsi di indiscrezioni vere o presunte determina solo veleni. Per conoscere le altre conversazioni, escluse clamorose fughe di notizie, bisognerà infatti attendere il Tribunale del Riesame. Questo costituirà una sorta di Corte d’Appello per rivalutare l’imminente giudizio del gip Clementina Forleo sul destino delle azioni congelate dei concertisti. Il Tribunale del Riesame andrebbe infatti a riunirsi se i legali dei sospetti concertisti o la Procura impugnassero la decisione della Forleo. Ecco che gli atti d’accusa portati dai pubblici ministeri Giulia Perrotti ed Eugenio Fusco e contenuti in 14 faldoni sarebbero a disposizione di tutti i difensori. E, quindi, di fatto pubblici. A iniziare dai quattro con la documentazione ricevuta dalla Consob.
Respinta invece ogni ipotesi di microspie nei telefonini dei parlamentari e di intercettazioni improprie. A spiegarlo è il procuratore capo Manlio Minale. Che al riguardo ha deciso di scrivere, fatto davvero più unico che raro, un comunicato. «Ipotesi apparse sulla stampa - precisa il procuratore - in ordine ad intercettazioni di utenze di parlamentari, attività di indagine vietata dalla legge in assenza della relativa autorizzazione, sono da considerarsi illazioni destituite di ogni fondamento».
Minale nella nota vuol precisare che «il contenuto delle conversazioni telefoniche riprodotte su alcuni organi di stampa (quelle anticipate per primo da Il Giornale, ndr) risulta ripreso dalla motivazione del provvedimento di sequestro preventivo adottato da questo Ufficio e portato a conoscenza delle parti mediante notifica a far data del 25 luglio».
E quindi non coperte dal segreto. Mentre «per quanto concerne, invece, le notizie pubblicate in ordine a contatti tra un magistrato e terzi - prosegue -, trattandosi in questo caso di violazione del segreto investigativo è stato aperto il relativo procedimento». Ma sono stati intercettati parlamentari? Sembra di no: «Nell’ipotesi di utenze di terzi - conclude - il contenuto delle relative conversazioni risulta annotato nel verbale delle operazioni compiute solo se pertinente alle indagini ed esclusivamente nelle ipotesi normative consentite». Ma il presidente del Senato, Marcello Pera, non pare soddisfatto. E infatti ha formalmente chiesto «al procuratore della Repubblica e al presidente del Tribunale di Milano le informazioni in loro possesso affinché, nel caso, gli organi competenti del Senato possano valutare se siano state rispettate le prerogative dell’assemblea di Palazzo Madama».
gianluigi.

nuzzi@ilgiornale.it

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