Cultura e Spettacoli

Scalfari e la sventura manzoniana di Fazio

Scalfari e la  sventura manzoniana di Fazio

A distanza di tanti anni i ricordi scolastici possono subire una deformazione, anche se la memoria tende a ritenere meglio le cose lontane che le cose vicine. E ciò che si è imparato negli anni dell’infanzia si ricorda con maggiore precisione e stabilità di quello che si è imparato in età matura. Il nostro secondo insegnante di latino al ginnasio, don Mario Pojer, con metodo e disciplina, ci stringeva ogni giorno su una pagina della sintassi latina, da mandare, in dosi omeopatiche, a memoria. Lo stesso faceva, con minore pressione, per I Promessi sposi.
Una istruzione di questo tipo ha certamente avuto Eugenio Scalfari, e alle reminiscenze di quegli anni scolastici ritorna, con alcuni limiti che si possono spiegare con l’età, e con la deformazione per eccesso di distanza. In uno dei suoi fondi domenicali su Repubblica, che hanno il tono grave e dolente dell’indignazione, Scalfari ha azzardato uno spericolato accostamento tra Antonio Fazio e la monaca di Monza. In verità non lo si intenderebbe, se Scalfari non facesse riferimento alla frase corta e secca con la quale Manzoni sigilla il cedimento della monaca, la rinuncia al suo voto: «il Governatore viceversa firmò. Sembra la manzoniana Monaca di Monza: "La sciagurata rispose"». Per un occhio distratto e un orecchio disattento la citazione è sostanzialmente corretta. In realtà, è sbagliata. La mia memoria è, in questo caso, più precisa, e può correggere la breve citazione: «E la sventurata rispose».
Quante riflessioni dei miei professori sulla necessità e sull’efficacia di quella «e», che allunga in modo indefinito i tempi della determinazione, facendone sentire la sospirosa incertezza! Non uno scatto, ma una lacerazione. E comunque la monaca per Manzoni non è «sciagurata», ma «sventurata», condizione meno netta, più scivolosa, passiva. La sciagura essendo un’emergenza tragica, la sventura un destino cercato. Come sempre, gli errori di Scalfari mi inducono a impreviste riflessioni. Qualche tempo dopo, il nostro filosofo «scolastico» viene ricordato dal «suo» giornale, a fianco di altri illustri moralisti contemporanei, in una riflessione su etica e potere: «La sinistra tra bene e male». Il suo contributo è indicato con questa massima: «La morale è una gran buffa e complicata questione: una spina acuminata che ci punge dentro e ci obbliga a fare i conti con la nostra passeggera felicità». Non è una illuminazione, naturalmente.
Ciò che non è chiaro è l’attributo della spina. Esiste in natura una spina che non sia «acuminata»? C’è naturalmente la fattispecie della spina spuntata, che ne altera il carattere primario; ma la spina in natura è «acuminata» e sottolinearlo è come definire la ruota «rotonda» o un angolo «spigoloso».
Nient’altro, per ora. Con i ringraziamenti di un buon lettore e la speranza, che nonostante i rilievi, Scalfari sia compiaciuto di questa mia puntigliosa attenzione (ma «puntigliosa» è forse pleonastico).

Acuminata.

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