Scambio di insulti

Roma«Vajassa, hai preso quattro stracci di voti. Quando ti cacceranno dal partito sarà sempre troppo tardi». «Poveretta, sei un caso psichiatrico. Quando mi sentirai, non riuscirai più chiudere quegli occhioni sbarrati». No, non siamo in un salottino intimo e cosy di Buckingham Palace e non stiamo ascoltando Elisabetta e la sua dama di compagnia che, davanti a una tazza di earl grey e attorniate dai simpatici cani corgies, discutono sul colore delle nuove tende. Siamo invece nel basso di Montecitorio. Benvenuti dunque nel tempio della democrazia, dove le due signore del Pdl se le stanno dando e dicendo come due lavandaie. Gridano, smanacciano, fanno le corna. Mancano solo le unghie e la mossa, il resto del repertorio c’è tutto. È la politica, bellezza: tra qualche giorno Bambi e la Ducessa si tireranno i capelli.
Certo, ognuna poi ha il suo stile, Alessandra Mussolini preferisce i gesti forti, ad effetto. In campagna elettorale, pare disegnasse le corna sui manifesti della rivale. In una conferenza stampa del ministro per le Pari opportunità, si è presentata con degli allusivi cannoli. E l’altro giorno alla Camera ha preso la macchina fotografica e ha immortalato il fattaccio, il tradimento, la prova del flirt: la chiacchierata galeotta tra i banchi del governo con il luogotenente finiano Italo Bocchino. «Vergogna». «Vergognati tu».
Mara Carfagna invece usa le parole. Il battibecco di Montecitorio sembrava finito lì, ma il giorno dopo ecco la ruspante replica del ministro, simbolicamente affidata al Mattino. Un’intervista piena di rabbia nei confronti dei vertici campani del Pdl e del discusso Cosentino e gonfia di delusione verso il Cavaliere, conclusa con l’annuncio di dimissioni dal governo, dal partito e dal Parlamento. Ma la botta finale è dedicata a issa. «Io alle Regionali ho ottenuto 58mila preferenze, lei ha preso un terzo dei miei voti. Poi si permette atti di cattivissimo gusto come quella foto. A Napoli queste si chiamano vajasse». E dire che proprio ieri l’Unità aveva elogiato la sua classe: «Mara sa volare».
Vajassa, quindi. «Serva» o «domestica» nella sua etimologia dialettale, «donna che vive nei bassi» per i napoletani di oggi, ma «prostituta» secondo i partenopei della fine dell’800. Quale che fosse l’accezione che Bambi aveva in testa, certo non si tratta di un complimento. E infatti la Mussolini, che pure è un’altra che non le manda a dire e che ha la parolaccia facile, non ha preso il vajassa per un complimento. Anzi, ha afferrato una penna e ha scritto subito a Gianfranco Fini, in qualità di presidente della Camera e forse anche di futuro capo partito della Carfagna.
«È gravissimo - si lamenta - che il ministro rivolga a mezzo stampa gratuiti e volgari insulti a una donna parlamentare. Per questo inqualificabile comportamento, in palese contrasto con le finalità che il ministero delle Pari opportunità persegue, dovrebbe immediatamente rassegnare le dimissioni». Perciò Alessandra chiede a Fini «di adottare ogni iniziativa a tutela della mia onorabilità».
La Ducessa vuole soddisfazione pure dalla presidenza del Pdl. Ma il vero sfizio se lo vuole togliere in un altro modo, «Chilla là adesso deve stare molto accorta. La Carfagna sappia che, alla prima occasione d’incontro, sarà mia cura replicare ai suoi insulti, guardandola dritta in quei suoi occhioni che dopo le mie parole, ne sono certa, risulteranno ancora più sbarrati».
Chissà, ne vedremo ancora delle belle. Certo le due ladies del centrodestra non si sono mai molto amate. La bionda e la bruna, l’ex attrice e l’ex soubrette, la verace prosperosa e la silfide algida e (neo) sofisticata. Due così non potevano andare d’accordo. A dividerle anche il controllo del partito in Campania. La Carfagna sta con Stefano Caldoro, che ha fatto eleggere governatore nonostante i sabotaggi di Cosentino.

La Mussolini sta con l’altro gruppo, quello che si è opposto al passaggio della gestione dei rifiuti dalle Province alla Regione. Sullo sfondo, la candidatura in primavera a sindaco di Napoli. Il duello continua. Forse le ritroveremo aggrovigliate nel fango, come delle wrestler. Come delle signore.

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