Le scappatelle? Sono un motore della storia

Caro Granzotto, cultore-dilettante di storia, seguito a trovare stravagante l’accanimento mediatico giudiziario sulla propensione del presidente Berlusconi per le belle donne con le quali ama «scapricciarsi». Perché tanta moralistica indignazione, perché tanto accanimento nel denunciare quella che viene considerata una colpa se praticata da un capo del governo? La storia è piena di re, imperatori, principi, capi di Stato e di governo che correvano dietro le gonnelle senza che questo piacere fosse bollato come vizio anti istituzionale o impedimento alle cure di governo. A quanto risulta, più erano indaffarati, più andavano a donne.
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Lei è uomo di buone letture, caro Artoni. In generale i libri di storia sovrabbondano di note a pie’ di pagina mentre sono avarissimi nel tratteggiare i personaggi, uomini e donne, che la storia l’hanno fatta. In quei libri trionfa l’idea: sangue e carne sono tenuti in nessun cale, ma per nostra fortuna ci sono autori che non rinunciano a squarciare i veli posti dalla burbanza intellettuale sul carattere e sulle vicende private dei e delle protagoniste della esaltante avventura del genere umano. Rivelando, fra l’altro, quello che lei scrive, caro Artoni, e cioè che il cammino dell’uomo è costellato di bunga bunga. Dominato da sciupafemmine inveterati e da sebbene più discrete inveterate sciupamaschi. Ciò che non ha mai nuociuto al progresso dell’umanità, mai impedito una conquista o fatto fallire una rivoluzione. Capitava addirittura che il danno collaterale, diciamo così, d’una scapricciata assumesse dignità regale ostentando un appellativo che oggi suona infamante: bastardo. Ce n’è una sfilza. Uno compare persino nell’esclusiva, estremamente pia e a parole altrettanto virtuosa cerchia dell’Ordine del Toson d’Oro. Fra un po’ salpa la crociera del Giornale (a proposito, sarà dei nostri? Guardi che fa ancora in tempo a unirsi alla brigata) che farà scalo anche a Barcellona. Nella navata principale della cattedrale c’è un luogo magico, che consiglierò vivamente i partecipanti di visitare: il coro dove si riunì sotto la presidenza di Carlo V la plenaria del Toson d’Oro. I 64 scranni sono sormontati dal nome e dalle insegne di ciascun cavaliere e uno, sulla destra, era destinato, ed ecco che ci siamo, a «Filippo, Bastardo di Borgogna e vescovo di Utrecht». Pure vescovo. A proposito di Toson d’Oro e di Carlo V: è noto che nonostante il gran daffare che aveva, amministrare un regno dove non tramontava il sole senza dire delle continue guerre, l’imperatore non poteva veder gonnella senza corrergli dietro. La sua scappatella più nota resta quella con una ragazzona fiamminga, Barbara Blomberg, che gli diede un figlio diventato noto come don Giovanni d’Austria, lo stesso che al comando della flotta cristiana le suonò, a Lepanto, all’islam. Di un’altra scappatella, questa non altrettanto nota, c’è traccia proprio lì, nel coro della Cattedrale. Di uno degli scranni era infatti titolare Pietrantonio Sanseverino, principe di Bisignano e duca di San Marco. Ebbene deve sapere, se già non lo sa, che una volta sconfitto il sarracino Khayr al-Din detto il Barbarossa e conquistata Tunisi, sulla via del ritorno Carlo V si fermò nel (suo) Regno di Napoli. Ospite, per qualche settimana, proprio del Sanseverino, che lo accolse con una munificenza tale da far esclamare all’imperatore: «Prence, vos es el rey o el prence de Bisignano?». Il fatto è che della munificenza faceva parte anche la moglie del principe, Giulia Orsini, assai bella e disinvolta, come del resto quasi tutte le donne della casata. Carlo V non se la fece scappare e, a dire il vero, lei non fece niente per sfuggirgli.

Pierantonio se la legò al dito: partito l’imperatore, Giulia uscì di scena, chi dice avvelenata e chi rinchiusa in convento e il suo posto nel talamo coniugale fu preso da Irene Castriota. Anch’essa bella, pare. Ma Carlo era già a Padula, a mangiare la «frittata dalle mille uova» (e questa è un’altra bella storia).
Paolo Granzotto

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