Scaricare da internet film, musica o programmi tutelati dal diritto d'autore non è reato se non implica alcun guadagno economico. Lo ha stabilito la Terza Sezione della Corte di Cassazione che, attraverso il pronunciamento 149/07, ha di fatto sancito la non punibilità di due ragazzi torinesi precedentemente condannati per aver scaricato, immagazzinato e scambiato file multimediali attraverso internet. Una sentenza dalla linea morbida che ha invece giudicato il fatto dal punto di vista del «profitto personale»: non sussistendo lucro (che implica un ritorno economico), quindi, i giudici non hanno ritenuto il fatto di rilevanza penale.
Gli episodi al centro del processo risalgono al 1999, prima quindi della legge Urbani, che detta norme più severe contro la condivisione dei file su internet, ma lassoluzione sembra comunque destinata a far discutere, in epoca di feroce lotta alla pirateria sul web. Ai due ragazzi era stato contestato di aver creato, gestito e curato la manutenzione di un sito Ftp (File transfer protocol, cioè che consente di caricare o scaricare file), mediante un computer dell'associazione studentesca del Politecnico di Torino. Chi si collegava al pc via internet poteva scaricare programmi per computer, videogiochi e opere cinematografiche tutelate dalla legge sul diritto d'autore e mettere a disposizione copie dei propri file protetti da copyright.
Per i giudici che avevano pronunciato le condanne i due ragazzi erano punibili perché «l'attività da loro posta in essere implicava, come passaggio obbligatorio, la duplicazione dei programmi relativi alle opere protette e il successivo download, violativo del diritto dautore in quanto fatto commesso per uso non personale (disponibilità a favore dei terzi) con fini di lucro». La Suprema Corte ha invece annullato le condanne penali inflitte ai due studenti del Politecnico di Torino perché «il fatto non è previsto dalla legge come reato». Per la Cassazione, infatti, non è provato né che i due abbiano violato il copyright, né che lo abbiano fatto per guadagnare. Come recita la sentenza, infatti, «è escluso che la condotta degli autori della violazione sia stata determinata da fini di lucro, emergendo dallaccertamento di merito che gli imputati non avevano tratto alcun profitto economico dalla predisposizione del server Ftp, mentre dalla utilizzazione dello stesso traevano sostanzialmente profitto i soli utenti del server medesimo».
L'ipotetico profitto, spiega ancora la sentenza, «deve concretizzarsi nel perseguimento di un vantaggio economicamente apprezzabile. Cosa da escludersi visto che è stato accertato che lo scambio di software avveniva esclusivamente a titolo gratuito, né era connesso a forme di pubblicità o ad altra utilità economica che ne potessero trarre i creatori del sito Ftp». Siccome sul sito non cerano inserti pubblicitari insomma, chi lo gestiva non ci guadagnava nulla.
La Corte di Cassazione ha poi escluso il reato di duplicazione abusiva (nonostante la presenza a casa di uno degli imputati di software per scardinare le difese di cd e dvd) perché non sarebbe attribuibile a chi originariamente aveva effettuato il download, ma agli utenti che si erano scaricati i file sul proprio computer scaricandoli dal sito dei due studenti torinesi.
«In realtà è una non-notizia - smorza i toni Enzo Mazza, direttore generale della Federazione dellIndustria Musicale Italiana - allepoca dei fatti la legge era diversa, per questo la Cassazione si è pronunciata per lassoluzione. Lintroduzione della legge 248/2000 e la successiva legge Urbani del 2004 invece dicono a chiare lettere che scaricare e duplicare file multimediali è reato». Ma non tutti concordano con lanalisi del rappresentante delle major della musica. Per la Siae, costituita parte civile nel processo ai due ragazzi, la Cassazione sbaglia perché «in base al nostro sistema giuridico, ogni scambio di per sé procura un vantaggio economicamente apprezzabile a favore di quanti lo compiano, anche se privo di un passaggio di moneta».
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