Scatta l’ora X, pioggia di missili sulla Libia

La giornata della svolta militare in Libia era cominciata come le precedenti: con le forze di Gheddafi all’attacco contro i rivoltosi su tutti i fronti. A Zenten, vicino a Tripoli; a Misurata, la grande città portuale enclave della ribellione in piena Tripolitania controllata dal regime; soprattutto a Bengasi, roccaforte della Cirenaica antigheddafiana sottoposta già nella notte ad attacchi terroristici contro i civili che hanno provocato decine di morti e feriti e, come era nelle intenzioni di chi li ha condotti, una fuga di massa di civili verso il confine egiziano. In mattinata fonti giornalistiche occidentali hanno riferito dell’assalto alla città dal sud e dalla costa e dell’arrivo alla periferia di Bengasi di carri armati, e poco dopo le televisioni di tutto il mondo hanno diffuso le drammatiche immagini dell’abbattimento di un aereo militare (l’unico, sembra, di cui disponessero i ribelli) e del suo schianto tra le case in una sinistra palla di fuoco.
Contemporaneamente però a Parigi si teneva il vertice dei Paesi occidentali e arabi per concordare l’applicazione pratica della risoluzione Onu che autorizza l’uso della forza in Libia. Gheddafi, consapevole dell’imminente inizio di operazioni di guerra contro le sue armate, inviava alcuni messaggi tra il minaccioso e lo sconclusionato ai principali leader occidentali, ondeggiando tra il «se mi attaccate ve ne pentirete» rivolto a Sarkozy e Cameron e un «i libici sono pronti a morire per me, io combatto contro Al Qaida» inviato a Obama non senza sottolineare ambiguamente il secondo nome Hussein del presidente degli Stati Uniti.
Alle tre e mezza del pomeriggio, concluso il summit parigino, la storia della crisi libica ha imboccato con decisione e rapidità un nuovo corso. E sono stati i francesi, come già nei giorni precedenti in campo diplomatico, i primi a darvi corpo in ambito militare. Quasi subito hanno avuto inizio missioni di sorvolo dei venti aerei militari inviati da Sarkozy nei cieli di Bengasi e alle 17.45 si è avuto notizia del primo bersaglio dell’esercito libico colpito nei pressi della città, un veicolo blindato. Successivamente il ministero della Difesa di Parigi ha detto che «i caccia Rafale e Mirage hanno bombardato quattro volte» e che «diversi carri e veicoli blindati sono stati distrutti».
In serata sono cominciate le azioni delle forze britanniche e americane, queste ultime con lanci di oltre 110 missili Cruise da navi e sottomarini che incrociano al largo: obiettivo le postazioni di difesa antiaerea nei pressi di Tripoli e i depositi di carburante dell’esercito vicino a Misurata. L’operazione Usa, alla quale ha dato il via il presidente Obama da Brasilia dove si trova in visita, è stata denominata «Odissea all’alba».
Con queste decise azioni si spera di indurre Gheddafi a fermare l’avanzata su Bengasi, che rischia di concludersi in un bagno di sangue. Presto sopraggiungeranno gli aerei inviati da altri Paesi: Canada, Danimarca, Norvegia, Spagna e Qatar tra i primi. Per quanto riguarda l’Italia, il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha detto ieri sera che i nostri aerei sono «pronti al decollo in 15 minuti». Sono inoltre 25 le unità navali di diversi Paesi, Italia compresa, che si sono portate nelle acque antistanti la Libia.
Resta da vedere se questo sfoggio di forza militare servirà a raggiungere l’obiettivo. Che rimane almeno nominalmente, come ha ribadito ieri il segretario di Stato americano Hillary Clinton, il ritiro delle forze di Gheddafi a tutela dei civili libici e non l’abbattimento del suo regime: la porta della diplomazia si riaprirà quando finirà l’aggressione ai civili, ha detto Sarkozy a operazioni avviate. Questo non ha impedito ieri sera al Consiglio nazionale dell’opposizione libica di emettere un trionfalistico comunicato in cui si afferma che «Muammar Gheddafi sta vivendo le sue ultime ore».

Un Gheddafi che ha definito ieri Sarkozy «ebreo sionista» e la coalizione che lo attacca «crociata», nel tentativo di caratterizzarsi come difensore dell’islam. Proprio come fece Saddam Hussein poco prima di finire come ricordiamo.

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