Uno «scatto» d’autore per un Giro d’emozioni

Lui sostiene si sia trattato di fortuna. Gli altri pensano, piuttosto, che lui abbia avuto sempre un grande talento. Forse ci vogliono entrambi gli ingredienti per catturare in un click l’ attimo eterno. Questa è la differenza, fra un ricordo e una foto. Il primo parla e vivrà per sempre, l’altra ingiallirà fra le pieghe della carta velina. Fabrizio Delmati, fotogiornalista monzese, fabbrica ricordi. Quando scatta lui «ruba» sempre qualcosa: l’anima di un personaggio, l’atout di un paesaggio. Ma in fondo nessuno se l’è mai presa, anzi in molti gli hanno sorriso guardando «in macchina» in oltre 30 anni di carriera.
Delmati ha sempre amato lo sport: scialpinista e grimpeur, come si conviene a chi sia nato ai piedi di Grigna e Resegone, non ha avuto problemi a trasporre la sua abitudine alla fatica e alle intemperie anche sul lavoro: ciclismo, automobilismo, sci, anche calcio che poi ha abbandonato «Perché non ne potevo più degli stadi, fra risse, violenza, polizia e tifosi».
La fatica quella no, invece, a Delmati non è mai costata: ore di attesa al traguardo per cogliere una volata. Sveglie antelucane per raggiungere piste ghiacciate e appostarsi prima degli altri, la dove volano le aquile e gli sciatori spiccano il volo sul dosso. Professione emozione. Ora una parte delle sue foto sono raccolte in una mostra che apre a Lissone, fra le forme razionaliste di palazzo Terragni. Dal 20 al 27 agosto «Emozioni nel Giro» (Info 039-7397304) farà da antipasto ai Mondiali di Varese, in calendario fra un mese e da cornice al Trittico lombardo che scatta domani con la Tre valli varesine da Campione D’Italia a Varese, prosegue a Lissone con la sessantaduesima Coppa Agostoni, mentre giovedì chiama tutti lungo viale Toselli, a Legnano, per la Coppa Bernocchi. Le foto di Delmati sono una sorta di antologia di gara. Appositamente senza didascalie per lasciar fluire le emozioni gli scatti sono tratti dai «suoi trenta Giri d’Italia»: tanti Delmati ne ha raccontati in carriera, il primo nel 1976 quando Gimondi lo vinse per la terza ed ultima volta.
«Ho seguito molti sport, dallo sci, alla Formula Uno. Ho profuso il medesimo impegno sia nelle Olimpiadi e nei Mondiali sia nella gara locale, ma il ciclismo resta la mia «palestra» preferita: Francesco Moser e Beppe Saronni sono grandi uomini. Gianni Bugno, con cui ho anche stretto amicizia, ha dimostrato il suo valore, affermandosi professionalmente anche dopo il ciclismo come pilota», spiega Delmati. Che il ciclismo lo affascini si capisci da quel ritratto di Moser che affonda nella salvietta per detergersi il sudore. Lo senti dal fresco dello champagne che inonda il volto di Paolo Bettini in maglia rosa. E poi ancora: la vita da gregario con le bottiglie d’acqua per tutti a riempirti le tasche della maglia e a fiaccarti le reni per ricordarti che non sei tu a dover volare alto.
La seconda sezione della mostra è dedicata ad un esperimento, di quelli che riescono bene: con tempi bassi e senza obiettivo focale fisso, Delmati un giorno ci ha provato ed ha creato un particolare effetto mosso: queste foto sono stampate su tela e sembrano rubate ad un atelier di impressionisti. Colori in movimento che convergono in un sol punto, una ruota di colori che esprime il senso più puro dello sport: energia in moto. «È una tecnica che da soddisfazione anche se quando scatti non sai bene che cosa otterrai», spiega il fotografo. Errori? «Se ne commettono tanti - racconta Delmati -: al traguardo devi scommettere sull’arrivo. Se sarà in volata preparati a correre. Se il traguardo è in salita, devi studiare la posizione per cogliere smorfie ed umori, ma non c’è molto spazio: appena superata la linea, i corridori sono sfiniti e crollano a terra». Fotografando si impara e anche per Delmati qualche foto non è venuta: «Come tutti, passando al digitale ho dimenticato anche io di mettere la scheda».


Ma nel bilancio sono più le foto riuscite di quelle ancora da scattare: «Non c’è una cosa che rimpiango: sono stato con Giovanni Paolo II sul Monte Bianco, uno dei ricordi più belli. Ecco forse... lo sbarco di un Marziano sulla terra, lì, sì mi piacerebbe davvero esserci».

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