da Amsterdam
Tra imponenti misure di sicurezza si è aperto ieri ad Amsterdam il processo a carico del marocchino Mohammed Bouyeri, 27 anni, l'estremista islamico accusato del feroce assassinio del regista olandese Theo Van Gogh. Limputato si è rifiutato di difendersi. «Il mio cliente non vuole parlare in propria difesa, né vuole che altri lo facciano per suo conto. Queste saranno probabilmente le ultime parole che pronuncerà durante il processo», ha detto l'avvocato di Bouyeri, Peter Plasman.
L'accusato, un ventisettenne nato in Marocco ma cresciuto in Olanda, si era presentato in aula col Corano sotto il braccio e il capo coperto dalla kefiah palestinese. Allinizio del dibattimento il presidente della Corte, Udo Wille, ha chiesto allimputato: «Non le sembra di approfittare un po troppo del nostro Paese? Lei ha frequentato le nostre scuole, dallOlanda lei ha ricevuto soltanto del bene. Perché lo ha fatto?». Dopo aver pronunciato in arabo uninvocazione ad Allah, Bouyeri si è rifiutato di rispondere. Al presidente che gli ha domandato se tale atteggiamento fosse dovuto alle sue convinzioni religiose, il giovane ha risposto con un cenno di assenso.
Il marocchino era stato arrestato poco dopo l'omicidio di Van Gogh, il 2 novembre 2004. Bouyeri, secondo l'accusa, uccise il regista a colpi di pistola nel centro di Amsterdam, poi lo sgozzò e infine gli conficcò nel petto, con un pugnale, una lettera che conteneva riferimenti al Corano e minacce dirette alla deputata liberale olandese Ayaan Hirsi Ali, nata in Somalia. I capi d'accusa sono l'assassinio di Van Gogh, il tentativo di omicidio di passanti e poliziotti e l'impedimento al lavoro parlamentare di Hirsi Ali. Il marocchino rischia l'ergastolo.
Van Gogh era conosciuto per le sue posizioni polemiche contro l'Islam, ma soprattutto per il film «Submission», che denuncia la condizione di inferiorità cui sono sottoposte le donne nel mondo musulmano. La sceneggiatura era stata scritta da Hirsi Ali, che ormai vive sotto scorta e in località segrete.