Scendono in campo i musulmani neo-liberali

Valori etici, dialogo civile, lotta al fondamentalismo: ecco le idee degli intellettuali nel mirino di Bin Laden

Malise Ruthven, aprendo Islam. A Very Short Introduction, pubblicato in tempi non sospetti (1997) dalla Oxford University Press, distingueva innanzitutto fra il sentire l’Islam in termini identitari e/o fideistici e viverlo come un’ideologia politica, quella dell’islamismo radicale e fondamentalista, che interpreta letteralmente il Corano e ha come obiettivo la creazione di istituzioni rette dalla legge rivelata (in arabo shari’a). È innegabile che, per chi voglia orientarsi un minimo negli intricati problemi che l’11 Settembre ci ha lasciato in eredità, questa sia la prima distinzione da operare.
Valentina Colombo, docente di lingua e letteratura araba all’Università della Tuscia, fa un passo ulteriore, e ben più importante, curando per Mondadori un’antologia di scritti di autori musulmani che di primo acchito saremmo portati a chiamare «moderati», ma che lei, con ottime argomentazioni, propone di definire «neoliberali» (Basta! Musulmani contro l’estremismo islamico). In altri termini, i liberali di cultura musulmana impegnati nella lotta contro il fondamentalismo in una battaglia neo-illuministica per la libertà delle idee e delle forme di espressione, e contro la cultura della morte. Il volume propone 52 articoli, per la prima volta tradotti in italiano, di 46 autori, di cui metà circa residenti nel mondo arabo-musulmano e metà in Occidente. Fra questi, quattro vivono in Italia - Magdi Allam, Soud Sbai, Ahmed Habouss, Mohamed Lamsuni - anche se la figura più rappresentativa è Shakir al-Nabulsi, intellettuale di origine giordana residente negli Stati Uniti.
Esiste quindi un Islam pacifico, un Islam compatibile e in sintonia con i valori etici universali, con i valori fondanti della civiltà dell’uomo? La risposta della curatrice è affermativa. Gli articoli sono tratti da alcuni siti liberali - www.metransparent.com, creato da Pierre Akel, libanese emigrato a Parigi; www.elaph.com, che ha sede a Richmond upon Thames nel Regno Unito; www.rezgar.com, che sta per «Il dialogo civile», ed altri ancora - che cercano di contrastare la massiccia presenza sul web del fondamentalismo islamico.
Ma quali sono le radici culturali del neo-liberalismo arabo-musulmano? In questo contesto i liberi pensatori, sostiene Valentina Colombo, sono appartenuti e appartengono a due categorie: i teologi che vogliono applicare le regole della ragione al testo coranico, storicizzandolo e contestualizzandolo, e gli intellettuali che, più ampiamente, si occupano dell’uomo e della società.

Oggi la cartina di tornasole della presenza di una sensibilità liberale non è data soltanto dalle posizioni sul conflitto israelo-palestinese, in ordine al quale è necessario, innanzitutto, riconoscere il diritto ad esistere di Israele, ma, in termini ancora più significativi, è rappresentata dall’interpretazione che si può dare della globalizzazione: per alcuni, non sarebbe altro che il veicolo di un’aggressione culturale di stampo neo-coloniale, nei confronti della quale è necessario «resistere» se la civiltà musulmana vuole conservare la propria identità; per altri, si tratta di un’eccellente opportunità che potrebbe portare con sé non soltanto la modernizzazione economica, ma anche quella civile e democratica, diffondendo la libertà d’opinione. Perché, come ha affermato Bin Laden nel messaggio del 23 aprile 2006, non c’è reato più grave dell’eresia commessa dal «libero pensatore».
davideg.bianchi@libero.it

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