Sceneggiata tra ritardi e irriducibili

Riccardo Signori

da Roma

Niente di americano. Tutto molto all’italiana. Perfino la voce rauca di Cesare Ruperto ha tolto quel tanto di solennità che richiedeva l’ora. L’ora della cena d’accordo, ma non ad uso e consumo dei telegiornali. E tanto è bastato per togliere il secondo dubbio di giornata: qualcuno vuol far girare la ruota del pavone in diretta tv? Il primo (dubbio) aveva assalito imputati e difensori fin dalla prima mattina. Sentenze già scritte, leggendo la Gazzetta dello Sport? Immaginatevi il gran strillare: qui invalidiamo il processo! Diceva il pissi pissi a voce alta. Ma quando l’anziano magistrato ha cominciato a declamare il papiro dei delitti e delle pene, il mondo si è fermato a fiato sospeso. Stavano tutti, giudici, difensori degli imputati e giornalisti, in una sala dell’hotel Parco dei Principi, lo stesso che qualche sera fa aveva accolto gli azzurri campioni del mondo. Seduta davanti ai giudici la folla di avvocati e giornalisti. Fuori s’udivano le voci di cinquecento laziali. Gente pronta a urlare ed anche di più come ha intuito Marco Mazzocchi, inviato Rai che ha passato un brutto quarto d’ora.
I laziali avevano già capito cosa li attendeva. Ma, come si sa, la speranza è sempre l’ultima a morire. E i giudici l’hanno prolungata, quasi avessero studiato la sceneggiatura. Molto italiano e poco americano. Tutto doveva esser pronto intorno alle sette della sera, ma quelli hanno perso tempo, i minuti sono diventate mezze ore, poi ore. Si sono rincorse storielle perfino comiche. Sono partiti dall’Olimpico. No, sono tornati indietro. Problemi per le Borse? Macché, hanno fatto in tempo a chiudere la Borsa di Tokyo, di Milano e perfino di New York.
E quando la Corte è entrata nella sala, gli avvocati si sono levati in piedi. Come fosse una cosa seria. E i giornalisti, che pensavano alla sostanza, e non alle abitudini processuali, si sono messi a urlare come fossero allo stadio, prima dell’inizio di una partita. «Tutti seduti, state seduti!». Eppoi ha cominciato a declamare: Art 27 della... Arbitri Messina... Moggi Luciano... Giraudo... Fuori le urla dei tifosi sembravano una colonna sonora. Ma quando Ruperto ha pronunciato il nome fatidico, Juventus, dentro quell’aula si è sentito un trattener di respiro. Le lancette dell’orologio stavano scavallando sulle nove della sera ed è arrivata la scansione di una pena, diventata la conclusione di un’epoca: Juve retrocessa, e 30 punti di penalizzazione nel prossimo campionato. L’aria si è fatta più lieve e forse più pesante.

Gli irriducibili là fuori hanno cominciato a prendere appuntamento per il sit in in Campidoglio dal sindaco Veltroni. Dentro, mentre i giudici se la sono filata, ecco le urla di un avvocato: «Questo è un processo cominciato male e finito peggio». Era l’avvocato della Lazio.

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