Schiaffo sloveno all’Italia: "No alla pacificazione"

Il presidente Turk: "Voi avete un deficit etico sulle colpe del fascismo". Salta il vertice di Trieste tra i capi di Stato, allargato alla Croazia. In programma c’erano visite di riconciliazione a Risiera di San Sabba e Foiba di Basovizza

Schiaffo sloveno all’Italia: "No alla pacificazione"

Niet sloveno al simbolico gesto di riconciliazione con l’Italia e la Croazia sui luoghi delle tragedie della Seconda guerra mondiale. Un vero e proprio schiaffo verbale da parte di Danilo Turk, il presidente della vicina Slovenia. Secondo le parole del capo dello Stato riportate dal quotidiano di Lubiana Delo, la classe politica italiana viene accusata di «deficit etico» sulle colpe del fascismo. Il presidente sloveno si erge in cattedra e chiede all’Italia «un più chiaro confronto con i crimini del fascismo, che fu il primo totalitarismo in questa parte d'Europa». Quindi non se ne parla di pacificazione. «Hanno la sindrome dei piccoli, di un Paese che deve ancora crescere – ribatte il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza –. Non possiamo mica dire che noi eravamo nel torto quando venivano fucilati i partigiani sloveni e voi nel giusto quando levavate gli occhi ai bersaglieri italiani. È assurdo».
Il gesto di pacificazione dovrebbe tenersi nel capoluogo giuliano. Un’idea che circola dai tempi della presidenza Ciampi e prevede un vertice tripartito fra i capi dello Stato di Italia, Slovenia e Croazia. Con la possibilità di allargare l’invito al Montenegro e forse alla Serbia. L’obiettivo è voltare pagina sugli orrori dei totalitarismi, rosso e nero, con un gesto simbolico da compiere a Trieste. Idealmente i tre presidenti dovrebbero inginocchiarsi sui luoghi simbolo dell’orrore: la Risiera di San Sabba e la foiba di Basovizza. Nel lager di San Sabba, durante la Seconda guerra mondiale, furono torturati, uccisi e smistati verso i campi di concentramento in Germania ebrei, slavi e antifascisti. Nelle foibe vennero scaraventati dai partigiani jugoslavi di Tito, anche a guerra finita, migliaia di italiani.
Sul quotidiano sloveno Delo, il presidente Turk, si dice convinto che l’atto di riconciliazione «non sia utile in questo momento». Secondo il capo dello Stato in Italia persiste un «deficit etico» sulle colpe del fascismo. Colpe che non avrebbero fatto ancora maturare «la necessaria catarsi». L’Italia dovrebbe avviare «un più chiaro confronto con i crimini del fascismo, che fu il primo totalitarismo in questa parte d'Europa e la fonte di innumerevoli mali» subiti da «larga parte del popolo sloveno, come anche da molti italiani». Turk sottolinea che non si possono dimenticare «i molti crimini fascisti (contro le popolazioni slave) rimasti impuniti durante l'occupazione italiana». Non solo: contesta ad «alcuni alti esponenti della politica italiana» di voler «mettere sullo stesso piano i fascisti e coloro che li combatterono». Dipiazza non ci sta: «Bisogna voltare pagina definitivamente sui drammi del Novecento. Altrimenti che loro restino di là e noi di qua, in due mondi diversi».
Il presidente sloveno è stato eletto nel 2007 come indipendente, ma appoggiato dal centrosinistra. Turk ha fama di convinto europeista e utilizza furbescamente l’ingresso della Slovenia nell’Unione per spiegare che esiste già «un elevato livello di riconciliazione» fra Roma e Lubiana. Roberto Menia, sottosegretario triestino all’Ambiente, gli ha risposto a muso duro: «Sotto il profilo etico quelle di Turk sono parole vergognose, figlie di una subcultura che non sa fare i conti con la storia». La scorsa settimana il presidente croato Stipe Mesic, in un’intervista al quotidiano di Trieste Il Piccolo, aveva timidamente rilanciato la riconciliazione a tre, pur ponendo dei distinguo. Nel giro di 24 ore il ministro degli Esteri Franco Frattini, che lunedì sarà in Croazia, ha risposto che «la pacificazione è possibile». Per poi precisare che «il fascismo era il male assoluto», ma pure «Tito fece stragi orribili».

Il sindaco del capoluogo giuliano crede ancora che bisogna inginocchiarsi alla foiba e alla Risiera. «Tutti e tre i presidenti dovrebbero inchinarsi davanti alle disgrazie del Novecento – ribadisce Dipiazza –. Un gesto che va fatto rendendosi conto che ci siamo scannati da una parte e dall’altra».

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