
Da oltre 60 anni, gli scienziati cercano di individuare il gene responsabile della colorazione rossa nel mantello dei gatti. A differenza degli esseri umani, nei felini — come in molti altri animali domestici — il colore del pelo è strettamente legato al sesso. I gatti maschi sono quasi sempre quelli a sfoggiare una pelliccia completamente rossa, mentre le femmine presentano più frequentemente manti tricolore o rosso-neri.
La ricerca
Recentemente, due gruppi di ricerca distinti sono riusciti, in modo indipendente, a individuare la mutazione genetica che determina la colorazione fulva. Durante lo studio, hanno anche identificato una proteina insospettabile collegata a questo tratto. I risultati, ancora in attesa di revisione scientifica, sono stati pubblicati sulla piattaforma "BioRxiv".
Cosa succede in natura
Quando un gatto dal mantello rosso si accoppia con uno nero, dalla cucciolata possono nascere sia gattini a tinta unita che con manti multicolore, come il rosso e nero o il tricolore. Nella maggior parte dei casi, i piccoli con la pelliccia mista sono femmine, mentre i maschi tendono a essere di un unico colore. Questo fenomeno si spiega con la genetica: i geni che determinano i colori rosso e nero si trovano sul cromosoma X.
Poiché le femmine hanno due cromosomi X, ciascuna cellula può attivare uno dei due in modo casuale, dando origine a chiazze di colore differenti sul corpo. I maschi, invece, avendo un solo cromosoma X (e un Y), mostrano un solo colore, ereditato dal genitore che ha fornito quel cromosoma.
La mutazione
In molti mammiferi, inclusi gli esseri umani, è una mutazione nel gene che codifica la proteina MC1R — un recettore della melanocortina — a determinare la colorazione rossa di peli o capelli. Nei gatti le cose vanno diversamente. Nei felini domestici, infatti, il gene che produce MC1R non è localizzato sul cromosoma X, e la maggior parte dei gatti dal manto rosso non presenta affatto mutazioni in questo gene. Una particolarità questa che per anni ha lasciato perplessi i genetisti. "Era davvero un enigma genetico", ha spiegato Greg Barsh, genetista della Stanford University, in un’intervista rilasciata a Science. Barsh ha preso parte a uno dei recenti studi che hanno cercato di risolvere questo mistero.
Una proteina insospettabile
Insieme al suo team, Barsh ha ottenuto campioni di pelle da quattro embrioni felini — alcuni con mantello rosso, altri con mantello non rosso — prelevati da cliniche veterinarie durante interventi di sterilizzazione. Analizzando le cellule responsabili della produzione di pigmento, hanno misurato la quantità di RNA associata ai geni attivi in quei tessuti. I risultati sono stati sorprendenti: nei gatti rossi, un gene chiamato ARHGAP36, localizzato sul cromosoma X, mostrava livelli di RNA circa 13 volte superiori rispetto ai gatti non rossi. Un dato che suggerisce fortemente il suo ruolo diretto nella determinazione della colorazione fulva del mantello.
Un secondo studio, condotto dal professor Hiroyuki Sasaki, biologo presso l’Università di Kyushu in Giappone, ha confermato risultati simili analizzando i genomi di oltre 280 gatti provenienti da diverse parti del mondo. Anche in questo caso, l’attenzione si è concentrata sul gene ARHGAP36. Curiosamente, il DNA del gene in sé è identico sia nei gatti rossi che in quelli di altri colori. Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che i gatti rossi producono molto più RNA associato a questo gene. Il motivo non è una mutazione del gene stesso, ma la mancanza — nei gatti rossi — di un segmento di DNA situato nelle vicinanze, che normalmente regola e limita la produzione di RNA. Senza questo controllo, l'attività del gene aumenta, portando alla caratteristica colorazione fulva.
Un passo avanti nella ricerca
Fino ad oggi, nessuno aveva mai ipotizzato un legame tra il gene ARHGAP36 e la pigmentazione della pelle o del pelo. A rendere la scoperta ancora più sorprendente è il fatto che, in genere, una delezione genica — cioè la perdita di una porzione di DNA regolatore — tende a ridurre l'attività di un gene, non ad aumentarla.
"È piuttosto insolito che l’assenza di un segmento regolatore renda un gene più attivo", ha commentato la genetista Carolyn Brown
dell’Università della British Columbia, intervistata da Science. Pur non avendo partecipato direttamente agli studi, Brown ha sottolineato l’originalità di questa scoperta nel campo della genetica animale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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