Un filo sottile, un viaggio che sorvola soltanto la superficie. La generazione Google sbircia curiosa fra migliaia di informazioni, ma ne assimila ben poche. Legge, ma solo se si tratta di qualche riga: due o tre paragrafi al massimo, poi è già tempo di passare alla notizia successiva. Conosce tanto, potenzialmente all’infinito, però non riesce mai ad andare in profondità. Altro che multitask, ragazzini supersvegli che riescono a navigare su internet, telefonare, scrivere e intanto mandare un messaggino sul cellulare, accelerando sui tasti col T9. Questi sono trucchetti, giochi di prestigio per nascondere le lacune della mente digitale: incapacità di concentrarsi, abilità di lettura ridotte ai minimi termini, relazioni esili, legami eterei come la ragnatela del web. Un cervello diverso, plasmato dalle interconnessioni virtuali.
I ragazzi dell’era di internet - scriveva ieri Bryan Appleyard sul Sunday Times - non sono intelligenti come credono. Anzi, diventano sempre più stupidi. Libri e articoli pubblicati di recente sembrano andare tutti nella stessa direzione: Distratti: l’erosione dell’attenzione e l’arrivo degli anni bui; La generazione più stupida: come l’era digitale intontisce i giovani americani e mette in pericolo il nostro futuro; o, come si è chiesto Nicholas Carr sull’Atlantic: Google ci sta rendendo stupidi?. Carr ammette di sentirsi un «distratto cronico», e che ormai immergersi in un libro è diventata un’impresa: anni fa, per lui, la lettura impegnata era naturale, oggi è una lotta contro se stesso. Il problema è la concentrazione: l’informazione sempre a portata di mano, un secondo dopo l’altro, ti fa scivolare via, non ti fermi per pensare a quello che hai letto, per assorbire. Sei un motore di ricerca: inserisci la parola e via, è già ora di sostituirla con un’altra. I ragazzi cresciuti a Google e connessione veloce - sostiene un altro studioso americano - sono bravissimi a navigare, a credersi «multifunzione» (bollata come «un grande mito»), ma poi non sono in grado di finire un libro. C’è chi confessa: «Non riuscirei più a leggere Guerra e pace». La capacità di soffermarsi sulle righe o sui versi di una poesia, di riflettere, di concentrarsi è sparita con un click del mouse.
L’80 per cento degli adolescenti italiani naviga sul web, la metà ci trascorre oltre un’ora al giorno. Un quarto pensa che «abiurare» sia il verso di un animale e, come rimedio alle carenze linguistiche, un terzo dei ragazzi ricorre proprio all’aiuto di internet. Ormai «creiamo le connessioni fuori da noi anziché in noi stessi» dicono gli esperti.
E la prossima generazione - aggiungono - non saprà neppure che cosa si sia persa. Previsioni pessimistiche, forse. Non è detto che tutti si accontentino di uno schermo, non è detto che i cervelli - causa Google - diventino tante fotocopie.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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