Sciiti contro sciiti «Jaafari vattene» ma lui non molla

La giornalista Jill Carroll ritratta le sue dichiarazioni: «Ho mentito per la paura e le minacce»

L’America non lo vuole. I curdi lo detestano. I sunniti lo odiano. E ieri anche i suoi alleati sciiti gli hanno chiesto di andarsene. Ma Ibrahim Al Jaafari ha subito risposto picche. Incollato alla poltrona e indifferente alla drammatica situazione di un Paese sull’orlo della guerra civile, dove terrorismo e scontri settari hanno causato ieri altri 18 morti, il premier rifiuta di uscire dal Palazzo. Ha detto di essere l’unico, anche dopo cinquanta giorni di tentativi falliti, a poter formare il nuovo governo. I suoi fedelissimi del partito Dawa rifiutano ora anche i diktat degli ex alleati sciiti. «Al Jaafari non si dimetterà, non rinuncerà mai al suo incarico - ripetono i portavoce - non c’è nessuno in grado di sostituirlo e lui difenderà fino all’ultimo le sue prerogative».
Il tempo di al Jaafari è, però, veramente agli sgoccioli. La maggioranza dei suoi alleati sciiti ha già deciso di dargli il benservito. La decisione è arrivata dopo le riunioni delle sette formazioni del blocco sciita svoltesi giovedì e venerdì. Il partito Dawna, ostinatamente unito intorno al proprio premier, è stato messo in minoranza dal voto del 60 per cento dei parlamentari dell’alleanza sciita. Lo Sciiri, il gruppo più importante della coalizione guidato da Abdul Aziz al-Hakim e appoggiato dalle milizie Badr, dal partito Fadhila e da molti candidati indipendenti ha preso le distanze da Jaafari e dai suoi alleati legati alla formazione del ribelle sciita Moqtada Sadr.
«Chiediamo a Jaafari di fare un passo coraggioso e di dare il buon esempio annunciando le proprie dimissioni», ha detto ieri il parlamentare sciita Kasim Daoud parlando a nome della maggioranza coalizzatasi per far fuori il premier. I quattro gruppi contrari a Jaafari hanno formalmente offerto al premier altre 24 ore di tempo per formare il nuovo esecutivo. L’ultimatum è puramente simbolico perché nessuno dei gruppi sunniti o curdi pensa neppure lontanamente di tendere una mano allo squalificato premier.


Intanto la giornalista americana Jill Carroll ha smentito le dichiarazioni da lei fatte in una intervista trasmessa su un sito internet islamico, in cui difendeva la guerriglia. «L’ho fatto per paura», ha detto, si tratta di un filmato di propaganda estortole dai suoi rapitori, che l’hanno minacciata molte volte.

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