Lo sciopero dei giudici spaventa il governo

Oggi Padoa-Schioppa presenterà una proposta alternativa che prevede misure «temporanee e parziali»

Anna Maria Greco

da Roma

Quella del governo-Prodi sembra una marcia indietro, quello delle toghe un primo, ma ancora vago, successo. Il tavolo tecnico tra Anm ed esecutivo per discutere sui tagli degli stipendi dei magistrati introdotti dalla Finanziaria produce non un impegno preciso, ma l’annuncio di una proposta alternativa che il ministero dell’Economia presenterà oggi, per «abbandonare il meccanismo previsto dall’articolo 64 della Finanziaria e intervenire con misure temporanee e parziali sul meccanismo di adeguamento automatico per la retribuzione dei magistrati».
Il governo, insomma, cede in qualche modo alle pressioni delle toghe ma bisognerà vedere se riuscirà a soddisfare l’Anm, che sabato o domenica esaminerà nel suo comitato direttivo la nuova soluzione. Insieme alla proposta di 250 «duri» della magistratura, soprattutto napoletani, che chiedono di proclamare «scioperi prolungati e articolati», senza escludere l’ipotesi di uno sciopero bianco, proprio per protestare contro l’articolo 64 della Finanziaria, che prevede tagli del 50 per cento degli scatti di anzianità e di quelli legati alla progressione della carriera dei magistrati. Misure giudicate «inaccettabili» da tutte le toghe.
Quello di Palazzo Chigi è stato un incontro «interlocutorio, ma chiaro nei contenuti», per il presidente dell’Anm Giuseppe Gennaro, che aggiunge di aspettare di conoscere «gli esiti della riunione che sottoporremo alla valutazione del nostro “parlamentino”». Anche il segretario dell’associazione, Nello Rossi, è molto cauto sul confronto che definisce «proficuo e utile», senza sbilanciarsi di più.
Tutto dipenderà, insomma, dalle modifiche alla manovra che oggi presenterà il ministero dell’Economia, i cui rappresentanti hanno partecipato al vertice con quelli della Giustizia.
I 250 magistrati che sollecitano nuove e dure iniziative di lotta chiedono intanto un’assemblea generale, contestando proprio i tagli agli stipendi previsti dalla manovra. «La richiesta di un’assemblea generale - sottolinea Rossi- è un fatto abbastanza raro, ma siamo in un momento molto controverso in cui la questione retributiva è al centro del dibattito politico».
Una settimana fa l’Anm ha incontrato il premier Romano Prodi e il sottosegretario alla Presidenza Enrico Letta, con la mediazione del ministro della Giustizia Clemente Mastella, per discutere della questione. Il Guardasigilli aveva anche avuto dal Csm un parere negativo sui tagli retributivi alle toghe. Ma dal confronto è venuto fuori solo il rinvio a un tavolo tecnico per esaminare il problema. Tavolo che si è aperto proprio ieri pomeriggio a Palazzo Chigi, anche con l’intento di bloccare nuove proteste dell’Anm.
La magistratura associata è in stato di agitazione permanente da tempo e non solo per gli interventi sulle retribuzioni: contesta duramente la politica sulla giustizia del nuovo esecutivo, dalle insoddisfacenti modifiche della riforma Castelli sulle procure al tardivo congelamento della norma sulla separazione delle funzioni tra giudici e Pm; dall’indulto senza amnistia che vanifica tanto lavoro delle toghe e farà finire nel nulla molti processi (anche su questo ora il Guardasigilli cerca di correre ai ripari) all’insufficienza dei mezzi a disposizione degli uffici giudiziari, tanto che le procure di Milano e Bologna denunciano il rischio di un blocco informatico e su questo viene presentata un’interrogazione parlamentare al Guardasigilli. Fino alla denuncia di non aver cancellato, come promesso, le cosiddette «leggi-vergogna» del governo Berlusconi.
Le correnti di sinistra Magistratura democratica e Movimento per la giustizia hanno appena promosso una mobilitazione perché i magistrati facciano in massa la scelta tra funzione inquirente e requirente, ingolfando i lavori del Csm e anche Unicost e Magistratura indipendente sono sul piede di guerra.

Proprio ieri Mastella ha negato che si stia pensando a un decreto-legge per evitare che, in attesa dell’entrata in vigore del ddl approvato dalla Camera, scatti comunque il termine per l’opzione del 28 ottobre. I problemi si sommano ai problemi.

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